lunedì 18 febbraio 2008

LA CASA DI CAMPAGNA DI P.A. E ALBERTO. SERA.













































Come tutti sappiamo, nelle vecchie case tra tipo di serramenti e presenza di fantasmi c’è una assai stretta relazione. Chiunque voglia conservare fantasmi non toccherà i serramenti, per quanti spifferi e cigolii facciano; chi vuole disanimare la casa, metterà finestre di alluminio.

E’ bene ricordare che di fantasmi ce n’è di svariati tipi, parecchi benevoli e di compagnia. Suggestionati dal romanzo gotico, siamo forse abituati a pensare che le uniche tracce che impregnano le pietre sono quelle di morti inquiete, disperate e assassine. Non è così. Le pietre si impregnano anche di torte di noci, di libri letti con interesse e piacere, di fette di pane abbrustolite con il forchettone nel camino, di visite di amici, di pergole curate, di finestre aperte al mattino, di passi che scendono in fretta allegra le scale, di coperte sferruzzate con gli avanzi di lana, di voci che chiamano da una stanza all'altra, di biancheria stesa ad asciugare.

P.A. e Alberto hanno lasciato tutti i vecchi infissi. I fantasmi sono restati, e si sentono a ogni angolo di casa. Dirò di più. Siccome P.A. è un’arredatrice, ha inventato fantasmi, come se già non ce ne fossero abbastanza; e so che quella casa era già piena di fantasmi affettuosi. Quando diciamo: "sembra che questa cosa sia qui da sempre", vuol dire che è stato inventato, o forse rievocato un fantasma. E che ne dite dei bricoleur? E’ evidente che vanno a caccia di fantasmi. Si riempiono spazi vuoti di anima con intense tracce di vita attraverso poltrone recuperate, bicchieri spaiati, piatti leggermente sbreccati ma di soave bellezza, a volte appendendo alle pareti ritratti di presunti nonne e nonni. Il bricco a forma di ariete, vero lascito di vera nonna, si accompagna benissimo con la brocca a forma di gallo trovata a Parigi e portata fin qui affettuosamente avvolta in giornali, e tutti e due, bricco e brocca, accolgono anche voi molto volentieri, vi trattano da amici.

Avete presente invece quelle case perfette, senza fantasmi, che non contemplano umani né morti né vivi, dove ovunque vi mettiate, qualunque cosa poggiate sul divano sciupate catastroficamente tutto il design? Quelle case dove dovete chiudervi in un armadio con tutta la vostra roba appena qualcuno vuole scattare una foto, perché la vostra goffa presenza rovinerebbe ogni cosa? Quelle case dove fate lo stesso effetto di una macchia sulla tovaglia?

Oppure quelle case dove vaghe idee di efficienza e praticità hanno rivestito i pavimenti di lucide e dure piastrelle che mostrano i denti pronte a mordervi le chiappe, ma che si lavano in baleno, e verniciato le pareti di bianco lavabile che sta sempre bene e poi non ci si pensa più e che fa luminoso come se si volesse continuamente vivere sotto un neon?

Bene, niente di tutto questo in tale casa.

Siamo su un colle ventoso. Quella sera, molto ventoso: grandi soffi e scuoter di fronde. Un colle pieno di ulivi, le cui foglie argentate e agitate sembravano branchi di scintillanti acciughine nella sera celeste, nella campagna a un’ora e mezza da Roma, verso sud.

P.A. e Alberto giudicateli dalla grandezza del frigo. P.A. sta cucinando per questa sera e per domani, quando sono attesi molti altri amici. Ci sono lasagne, è stata comperata l’ottima pizza locale sia rossa che bianca, due torte rustiche escono dal forno ed entra un coniglio ripieno, sui fornelli c’è un arrosto, uno spezzatino, due bistecche, dei broccoletti, Artemisia si mette a pulire peperoni arrostiti, tra poco andranno carciofi, si tira fuori dal cartoccio un pezzo di pecorino stagionato, si stappa un Amarone, si fanno cuocere dei pizzoccheri. Prima di tutto questo, ci si è seduti accanto a uno dei quattro camini, di cui due in funzione, a bere un tè. Cala la sera, il monte Cacume nereggia puntuto sul cielo aranciato, le finestre si riempiono di azzurri e di rossi, Artemisia e Nunchesto hanno una stanza con tre finestre sugli olivi, piumoni foderati di rosso, e per Artemisia c’è Kitchen di Banana Yoshimoto sul comodino.

8 commenti:

papavero di campo ha detto...

Una casa da AD!! esistono esistono!! e accoglienza principesca..sembra una favola post modern in cui le lampade minimo sono della Bauhaus

ps: la bellezza è poliedrica non ha limiti, l'arredo per me è una delle più libidiche!!

la belle auberge ha detto...

Molto bella e molto accogliente questa casa. Indipendentemente dalla ristrutturazione rispettosa e dall’arredo pieno di buon gusto, vi si percepisce l’anima delle persone che l’abitano e che l’amano. Una casa dove ti senti veramente accolto e benvenuto. Una sensazione che io provo anche entrando in case molto più modeste e molto meno raffinate. Quei letti gemelli, in ferro battuto, mi ricordano molto quelli che ha mia madre nella sua camera.
ciao
eu

artemisia comina ha detto...

Eh no, non da AD, PA non ci si riconosce, niente VIP (e vai con le sigle!).

Piuttosto, guarda verso le riviste francesi con tutte le loro fantasie di case di famiglia, eventualmente di famiglie con qualche ghiribizzo intellettuale, in cui il gusto e la cultura sostituiscono la spesa e dove non mancano mai pile di libri che non sono stati comperati al metro; la vecchia Maison de Marie Claire, per esempio, con cui PA ed io fanciulle crescemmo (per quanto mi concerne, mi nutrii spiritualmente anche dei pot-au-feu che proponeva ai tempi, prima della rovina post moderna). Lì l'arredo era con cose recuperate dans la rue, il massimo, e tutto ciò che crollava e si stingeva era massimamente apprezzato.

artemisia comina ha detto...

appunto, come dice eu, i sentimenti vanno verso l'accoglienza più che verso l'opulenza.

artemisia comina ha detto...

aggiungo ancora una traccia, per capire l'arredo, una traccia nella quale io e PA ci somigliamo: vedete un oggetto rettangolare sul tavolo dove c'è la grande fruttiera?

è la scatola di legno di una bottiglia di vino; PA ha detto: non riesco a buttarla. Io ho aggiunto: certo, mica sarai pazza! entrambe pensavamo a quante carte colorate, a quanti leprotti disegnati, oppure orsi, o gatti, ci si potevano incollare su per farne una magnifica scatola da lavoro, o da lettere o boh...

papavero di campo ha detto...

infatti avevo pensato a quella rivista che anche io e mia sorella leggevamo che è Votre Maison, ma qui c'è molta raffinatezza in più, mi pare un'idea progetto selettiva pur comprensiva di oggetti frutto di una raccolta del cuore, come anch'io faccio! dicevo Ad ma non pensavo all'alto antiquarito che a me non piace perché è esibitorio intimidatorio ed opulento come dici tu, ma anche in Ad ci sono tracce di case grunge, quelle perfette per gli scorci ravvicinati da stilist food.
Non v'è dubbio che la tua amica ha eccellenza di gusto e quando questa risponde alle vibrazioni dell'anima ne sortiscono delle belle!

papavero di campo ha detto...

aggiungo che la mano personale è il quid e davvero non è questione di portafoglio (non è solo, anche se consente molto) (certo c'è chi ha mezzi potentemente economici ma un'acca di poesia e di creatività e sono quelli che se le fanno arredare le case, inconcepibile eresia! deleteria visione del mondo pagare qualcuno!)

la nostra unicità, il collegamento all'anima-che-fa anima segue altre leggi..

ps: i VIP certo obsoleti e detestabili , ma come direbbe Oscar Wilde, il massimo per un vip è non sembrare vip!

cocozza ha detto...

Questa casa e inutile dire è calda,accogliente, viva e si cucinano i prodotti con gusto e semplici come l'arredamento,lasciando le cose vissute e che vivranno per sempre.
ciao cocozza

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