di Artemisia Comina.
Ho una sorta di smania di prugne; il colore viola, la nebbia umida che
le avvolge, l'estate che ancora portano con sè e che svanisce con loro,
l'acidulo, il croccantino. In un desiderio di sosta di dolci, ho pensato
e provato un piatto con la carne.
Tanto per cominciare, ho usato un wok di ghisa, che amo per forma, colore, funzioni.
Poi ho ridotto una piccola cipolla rossa e uno spicchio d'aglio a fettine sottili, ho sbriciolato un peperoncino piccante secco (anche fresco ci starebbe bene), ho scaldato tre cucchiaiate d'olio d'oliva e.v. e ho li ho fatti appassire.
Ho aggiunto mezzo petto di pollo tagliato alla julienne (i filetti così ottenuti erano stati fatti marinare per qualche ora in: quattro cucchiai di salsa di soia, pepe nero macinato fresco, quattro cucchiai di olio di oliva e.v., due cucchiaini di miele di castagno), e l'ho fatto dorare.
Volto lo sguardo allo scaffale, ho acchiappato una bottiglia e versato
sul tutto, che stava asciugandosi, un sorso abbondante di liquore di erba luisa, e l'ho fatto sfumare.
A questo punto mi sono tolta la soddisfazione di aggiungere sette prugne viola dalla polpa croccante, tagliate a fettine.
Un'altra occhiata allo scaffale, e giù un bel pizzico di ajwain (ha una sorta di sapore di timo) e uno sale.
Far cuocere finché il pollo non è cotto e le prugne alquanto
ammorbidite; se è necessario, aggiungere un goccio d'acqua durante la
cottura: il piatto non deve essere secco.
Servire con del riso basmati bollito.
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