Dicembre 2020. Il giorno di Natale. Se per la cena della Vigilia, nella mia famiglia al centro
della festa, apparecchiai in un canto del tavolo, per il pranzo di
Natale, che in genere saltiamo assorti in riposi e digiuni, ma che questa volta celebrammo per reagire al sonno pandemico, tirai fuori
Fa Malloppo, come chiamiamo una grande tovaglia - un copriletto,
temo - fatta di congiunti bordi dorati di sari. Ce la vendette un
secolo fa un signore di Mumbai che aveva bottega dietro il The Taj Mahal
Palace Hotel, dove si poteva alloggiare, allora, senza vendere casa, e
che ne serviva i clienti specie come sarto, confezionando abiti dalla
sera alla mattina. Parlava un italiano fluente, inclusi modi di dire, poiché gli adetti
Alitalia lo frequentavano assai; per esempio
snocciolava con compiacimento che senza questo o quell'accorgimento,
l'abito avrebbe fatto malloppo. Io mi feci fare un abito identico a
quello di Neru, che ora non c'è più, ma la "tovaglia" resta, e si chiama
come lui, Fa Malloppo; sortì dagli armadi in tanti Natali, e anche questa
volta, facendomi coraggio, la cavai fuori, piazzandoci su pure un par di Carol Plate di Bjørn Wiinblad (cui dedicai un post: Credenze. Bjorn Wiinblad. Rosenthal Christmas Carol Plate) e varie altre allegrezze: moccoli, lucette, le belle arance che vengono dalla campagna, una stella di Natale. Resta il fatto che non c'era menu, ma un piatto unico; non nel senso di molteplicità di elementi riuniti in un'unica scodella fino a sazietà assicurata, ma in quanto solo soletto. Non ce la possiamo fare a fronteggiare il cibo che le festività minacciano, lo disseminiamo tra un giorno e un altro, tra una sera e una mattina. Perché fosse degno di questa centralità, non solo scelsi il piatto con cura, ma il nasturzio mi fece la sorpresa di farmi trovare fiori, l'acetosella foglie dalle nervature rosse. Accanto alla Razza in gelatina con lardo croccante misi una tazzina - scarsa - di Zuppetta di pesce all'acqua pazza, ma Quello disse che per lui era troppo, e passò direttamente alle clementine. Solo per figura c'era una ciotolina che riassumeva il vasto assortimento di due doni di biscotti: quello di Barbara, e quello di Anna Maria. Il dolce in realtà fu rimandato alla mattina dopo, e fu un ottimo panettone, anch'esso donato. Sto molto rivalutando i doni natalizi sotto forma di biscotti e dolcetti; riempiono la stanza di Spiriti che si confanno a quelle ombre invernali che spesso l'oscurano, anche nei piovosi mezzogiorni; ciò rende indispensabile attizzare un fuoco che saranno trent'anni che non abitava questo camino, ridotto a pura quinta, e che adesso di punto in bianco è continuamente sollecitato a sputar fiamme. Menu - si fa per dire:
Zuppetta di pesce all'acqua pazza
Brioche abbrustolita
Razza in gelatina con lardo croccante
Clementine
2 commenti:
evviva il fuoco che scala, le arance e le clementine che rinvigoriscono e i biscotti che addolciscono. ciao, stefano
buon anno Stefano!
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