giovedì 22 settembre 2011

GRECIA. DODECANESO. LEROS. IL MANICOMIO



A Leros una volta, dove ora c’è un castello bizantino che guarda lo snodarsi delle sue molte baie azzurre, sorgeva un Asclepeion, un luogo di cura e di devozione ad Asclepio.

Ma con il passare dei secoli l'isola dimenticò la sua competente benvolenza per gli afflitti e divenne sede di un manicomio che alla fine degli anni Ottanta del Novecento venne denunciato da un servizio della BBC come tremendo in Europa e uno dei peggiori al mondo.

Mille e cinquecento uomini e donne con diagnosi psichiatrica classificati come “pazienti cronici incurabili” e un centinaio di bambini con gravi deficit mentali e fisici vennero ammassati in condizioni disumane nelle vecchie Caserme della marina militare italiana, dedicate a questo nuovo scopo alla fine degli anni Cinquanta.
Durante la dittatura, tra il 1967 al 1974, ai “matti”, si aggiunsero i confinati politici. Tra il 1970 e il 1975 pare sia stato raggiunto il picco con 2600 ricoverati, destinati a vivere sull’isola in uno stato di completo abbandono e deprivazione accompagnato da qualche isolata denuncia e una più complessiva ed efficace collusione della psichiatria greca. Nel 1988 il flusso si interruppe, tranne sporadici ingressi.

Nella seconda metà degli anni Ottanta la Commissione Europea era entrata nel merito del “caso Leros”. Negli anni Novanta il manicomio fu oggetto di un intervento da parte di due équipe, una olandese e una italiana, per riportarlo a decenza. I documenti su web non sono molto chiari sulle questioni che le due équipe incontrarono, e se si coglie un qualche problema tra psichaitria italiana e greca (l'esperimento di Leros, fondato sull'ottica basagliana, sembra restare caso isolato per le istituzioni psichiatriche greche), si assiste pure alla sparizione non commentata dell'attività dell'équipe olandese. C'è una qualche documentazione sull'intervento italiano che in seguito indico.

Oggi l'ex manicomio è un’istituzione aperta; gli edifici si trovano a sud, sulla strada che da Lakki va verso Xirokambos.

La sinistra presenza di questa istituzione ha fatto a lungo di Leros un’isola popolosa, che viveva dell'economia dell'Ospedale, e insieme dimenticata. Ancora oggi lo scarso turismo, specie internazionale, è dovuto a ciò che persiste di quell'aura.


+++++++++++


Segnalo una serie di link sulla vicenda, specie - come dicevo - per ciò che riguarda l’intervento italiano.

Una sintetica storia dell’istituzione scritta in occasione di una recente mostra fotografica di Antonella Pizzamiglio sul manicomio di Leros

Alcune foto di un fotografo, Alex Majoli dell'agenzia Magnum, che ha documentato il manicomio all’epoca dell’intervento.

Di seguito alcune testimonianze dal sito deistituzionalizzazione-trieste.it

Situazione - Sono entrato per la prima volta al reparto B1 del Padiglione 11 dell’Ospedale Psichiatrico di Leros nell’agosto del 1993: quattro stanzoni con 20 letti ciascuno - niente lenzuola e cuscini, sudicie gommapiume per materassi, una vecchia coperta - estate ed inverno; un grande refettorio - tavoli e sedie a disposizione solo alle ore prefissate; un armadio con i vestiti di tutti i giorni per 56 persone, due docce - di cui una inutilizzabile; una cucina dove non si cucina, ma da dove si distribuiscono i pasti che gli internati vanno a prendere alla cucina centrale. Chi da venti, chi da trenta anni: per tutti il tempo è scandito dal mangiare, dalla distribuzione delle sigarette, dalla doccia settimanale. Si mangia: un piatto pieno al centro della tavola per quattro o cinque persone, uno o due  bicchieri di plastica, sempre per quattro o cinque, così, dopo, c’è meno da lavare. I pasti durano cinque minuti, di orologio.  Si mangia poco e male. Per lavarsi - dieci persone al giorno, cinque la mattina e cinque il pomeriggio - si aspetta il proprio turno nudi in corridoio, proprio davanti la porta d’ingresso del reparto. Ed anche se si è capaci di lavarsi, si viene lavati. Il tutto dura venti minuti per gruppo, al massimo. Le sigarette, dopo il pranzo, possono essere due o tre, o nessuna, ad insindacabile giudizio di chi distribuisce. Per alcuni c’è il lavoro.  Un internato per dodici ore al giorno gestisce le distribuzioni del cibo  e lava, con impeccabile cura, docce e gabinetti. In cambio ha l’autorità di chi può dare o togliere un pezzo di pane, ed un intero ripiano dell’unico armadio per i suoi vestiti  da lavoro.   Altri pazienti puliscono il refettorio, rifanno quel poco che c’è da rifare dei letti, trasportano le immondizie, o i vestiti sporchi alla lavanderia centrale. Per chi vuole allontanarsi almeno un po’, e ne ha le energie, ci sono un paio di ore la mattina nella grande piazza d’armi di fronte al padiglione. La piazza d’armi era il centro della base navale che per cinquanta anni, all’inizio del secolo, ospitò più di tremila militari italiani: caserme per i soldati, magazzini, officine per idrovolanti, sommergibili e cannoni, villette per ufficiali ed uffici. Questo era, prima, l’Ospedale Psichiatrico di Leros. Quella piazza d’armi, quella enorme spianata di terra rossa, battuta dal vento di inverno, sotto il sole torrido d’estate, è stata per anni il teatro della solitudine di centinaia di internati. Uomini mal vestiti, poco o per niente vestiti, distesi, rannicchiati per terra o, silenziosi, camminando. Sguardi furtivi, mozziconi che passano di mano o raccolti da terra. Scatti di corsa, che improvvisi nascono e muoiono, in assenza di scopo. Uno piange ed un altro grida. Per un paio di ore al giorno nessuno ti dice cosa devi fare. Ma, paradossalmente, questa libertà conferma a questi uomini che per quanto facciano, per loro non c’è niente da fare. Gli infermieri dell’Ospedale - 400 per 400 internati uomini - non sono infermieri.  Sono filakès: guardiani. Contadini e pescatori  che hanno trovato nell’impiego statale l’unica risposta al depauperamento dell’isola. Mai gli è stato detto, e ancor meno mostrato o dimostrato, che un ospedale può/deve almeno cercare di essere un luogo di cura, di riabilitazione.  Li guardo, discuto con loro. Vedo volti antichi, mani che hanno a che fare con la terra, gente che conosce la fatica. Esprimono sentimenti forti, hanno il piacere di condividere la bellezza della loro terra ed hanno paura che gli si porti via, con l’ospedale, il loro pane. Chiusi  ed abbandonati essi stessi in quei padiglioni,  contraddittoriamente hanno resistito e  si sono adeguati, hanno promosso la legge del più forte e nascosto la loro comprensione dell’altro. Sadismo, sfruttamento,  furono la regola. Compassione, protezione, le eccezioni. Verso la fine di quella prima visita un uomo mi avvicinò e mi mise in mano, con discrezione, uno strano oggetto.  Era un intreccio di fettucce di stoffa, annodate. Animate.
Ricordo,  in quel corridoio, una botte di acqua potabile con un bicchiere per 56 persone, la televisione - in alto - accesa, rumore di pentole di alluminio,  voci. Ricordo uno sguardo, dei capelli d’argento, un corpo agile e nodoso, di vecchio. Ricordo, insieme all’imbarazzo, il mio sollievo, la mia gratitudine per questo corpo  che senza nulla chiedere, affermava il suo esistere in quella desolazione.
(Maurizio Costantino, 1998)

Una versione più lunga di questa testimionianza, qui.
------------------------

Storia - Leros è una piccola isola greca nel mare del Dodecanneso, che dal 1912 alla fine della II guerra mondiale è stata colonia italiana. Dopo l'unione con la Madrepatria l'isola entrò in una grave crisi economica. Così i politici eletti al Parlamento dalla regione del Dodecanneso videro un'occasione da non perdere nella necessità di ridurre l'affollamento dei vari ospedali psichiatrici esistenti in tutta la Grecia. Con la dittatura dei colonnelli dal 1967 al 1974, Leros diventò luogo di campi di concentramento anche per 4000 prigionieri politici. Nel 1981, l'anno in cui si registra il maggior numero di pazienti ricoverati, un gruppo di medici che svolgeva il proprio tirocinio, denunciò le gravissime condizioni di vita degli internati in un simposio internazionale, chiese che i ricoveri fossero interrotti e che l'ospedale fosse chiuso. Nel 1984, la CEE finanziò la riforma psichiatrica in Grecia, assegnando un contributo sostanziale per l'Ospedale di Leros. Un solo cambiamento fu fatto all'interno dell'ospedale: gli internati furono suddivisi per categorie sulla base di criteri diagnostici e di valutazioni funzionali. Ma la crisi politica del giugno 1989 non permise il proseguimento di questo piano. Solo sotto la costante pressione della comunità internazionale fu approvato un altro progetto, che proponeva un intervento di deistituzionalizzazione all'interno dell'Ospedale. Al progetto presero parte, oltre ad un gruppo di specialisti greci, équipe straniere di consulenti tecnici provenienti da Trieste (Italia) e da Maastricht (Olanda) che condivisero l'intervento di lunga durata all'interno dei reparti dell'ospedale e sostennero tale strategia di intervento. (Carlotta Baldi, 1998)

----------------------

Risultati - Il grado del cambiamento a Leros può essere molto facilmente confermato paragonando semplicemente il presente con il passato. Venti gruppi- appartamenti sull'isola fuori dalla cinta del O.P., dentro la comunità locale, abitati da 105 ex internati, 45 strutture residenziali piccole, nell'area di proprietà del manicomio, alcune cooperative, un contesto allargato di riconoscimento e di esercizio dei diritti, atmosfera e vita dei pazienti totalmente cambiata. Circa 130 ex internati trasferiti, all'inizio dell'intervento nel 1991 in 13 ostelli costruiti nella Grecia continentale. E' doveroso sottolineare che il lavoro a Leros deve moltissimo alla collaborazione internazionale, in particolare modo al gruppo italiano, alla metodologia che ne seguì e agli appoggi politici che furono messi in campo.L' intervento a Leros non è risultato essere purtroppo un elemento catalizzatore della riforma psichiatrica in Grecia, così come si sperava che accadesse, però ha dimostrato in maniera incontrovertibile che il processo di deistituzionalizazzione è possibile e che, se è stato possibile andare avanti a Leros, è possibile andare avanti in ogni altro manicomio. Il lavoro di deistituzionalizazzione del O.P. di Leros si è interrotto nel 1995, quando sono finiti i finanziamenti. Il manicomio è rimasto manicomio, benché con un immagine completamente nuova. La grande conquista, che rimane, è il cambiamento culturale in una grande parte del personale, che fa sforzi, con innumerevoli difficoltà, per mantenere i progressi degli anni precedenti, procurando ai pazienti condizioni di vita migliorate ed una base di diritti allargata. Quale sarà la sorte del manicomio, sarà lasciato ad avvizzire come una bella immagine oppure potrebbe diventare un centro di trasformazione, economica, sociale e culturale restituendolo così alla comunità locale e a tutto il territorio nazionale, affrancandosi così definitamente dalla sua terribile funzione di luogo di prigionia ed esclusione?
(Th. Megaloeconomou, 1998)

6 commenti:

papavero di campo ha detto...

il dolore che ha impregnato un luogo come nube maligna può evaporare? oppure ne resta una traccia indelebile? nelle fiabe il bene vince sul male nella realtà è tutto tremendamente complicato, gli orrori di cui si sono macchiati e si macchiano le orripilanti coscienze umane sono ascrivibili al disumano alla civiltà dell'orrore non umano

ps: che disperante cronaca, come ci si può sentire ad avvicinare luoghi di tale contaminazione? (domanda che non chiede risposta)

artemisia comina ha detto...

haimé pap, il disumano è solo degli umani. e lì sì, si sente, è come una nebbia invisibile di malinconia e abbandono. credo che il ricordo nei locali sia molto presente e vibri nell'aria, negli sguardi.

Grazia ha detto...

Non conoscevo questa storia, ma alla luce di quello che hai raccontato, ora capisco perchè Leros, che ho visitato nel 2008, mi abbia lasciato questa traccia di non detto, di profonda solitudine della gente che ci abita, a volte tradotta in atteggiamenti scostanti, quasi seccati, verso i non molti visitatori. Grazie, Artemisia

artemisia comina ha detto...

Ancora molti fantasmi.

soy mi doble ha detto...

Oh si, meglio che vitiate di andarci a Leros, per favore

artemisia comina ha detto...

soy, evitare di andarci perchè?

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...