sabato 8 gennaio 2011
PRAGA. CATTEDRALE DI SAN VITO. LE VETRATE DI MUCHA.
Quante cattedrali sono orfane delle loro vetrate, e quante volte la perdita è troppo evidente: le monocrome, dimesse vetrate moderne appaiono spesso come bianchi occhi ciechi e rimandano una luce ottusa nelle navate, sui pilastri, sui fasci di nervature che invece si rallegrano tutti quando i colori con cui naquero possono tingerli. A volte qualche artista contemporaneo si è provato a farne di nuove con vetri colorati, quasi sempre fallendo: ancora una volta veniamo a sapere che l'artista non è mai solo, e lavora con la sua epoca, con i tanti che insieme a lui provano dei materiali, delle forme, costruiscono un complesso mondo simbolico. Senza quel contesto e volendolo ricreare, si balbetta.
Alphons Mucha (1860-1939) infilandosi in una felice contingenza della storia e contribuendo a farle mettere fiori e frutti, è riuscito benissimo a farne una, immensa, nella cattedrale di San Vito, la cattedrale del castello di Praga. Celebra Cirillo e Metodio, i santi poliglotti e creatori di alfabeti, patroni del mondo slavo. Forse l'impresa gli riuscì perchè quando fece la vetrata la cattedrale, iniziata nel 1344 e conclusa a metà del XX secolo, era ancora in costruzione, e nulla andava rifatto, ma tutto era in crescita.
Siamo andati a visitare il museo Mucha - da pronunciarsi con un suono ottuso, sordo - che ci ha accolti sull'annottare con il suo calore. Ci sono foto formidabili, ad esempio una di Guaguin in mutande (forse) che suona il piano. Lunga camicia e giacca, e per il resto nulla. C'è anche la sua nerissima amante giavanese. E poi ci sono le pose delle figure di Mucha: coraggio, terrore, speranza, languore, sogno, seduzione, meraviglia, sfida, tutte le emozioni codificate vengono tradotte in "pose" delle quali molte foto sono il modello. Per intenderci, niente sorrisi della Gioconda. E neppure le intense, misteriose, teribili meditazioni della Melencolia di Dürer.
Foto di Nunchesto.
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