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Quello stesso gelo che ci ha spinto a pranzare, cosa che in viaggio non facciamo mai, infilandoci controvento nella porticina che ci ha aperto una serie di stanze accoglienti e ben arredate, con suggestioni rodolfine, in un luogo, il castello, che non si affanna gran che a conservare ricordi di quell'imperatore che qui venne da Vienna e si circondò di uomini sapienti, comunità che all'epoca vedeva insieme Keplero, Tycho de Brahe e illustri alchimisti. Insomma quel Rodolfo II, bazzuto come un vero Asburgo, che finanziava la ricerca della pietra filosofale e allestiva una delle più grandiose Kunstkammer che vide l'Europa. Il ristorante, che pare sia stato nel corso degli anni anche un laboratorio alchemico, si decora con mappe astrologiche, mostra macchinari; insomma, lo ricorda.
E ci dà dei buoni piatti, i primi che assaggiamo in città - siamo andati in coscenziosa ricerca di cucina ceca - e che torneremo a incontrare: l'anatra arrosto con il cavolo rosso, il goulash. Come antipasto prendiamo un paio di cose che non troveremo più: un ottimo spiedino di fegatini di pollo marinati nel cognac con confit di pere, e del fine prosciutto di Praga - ottimo anch'esso - tagliato fine come un San Daniele e drappeggiato come un Hérmes con un trito sottile di cipolla, un'insalatina e una sorpresa di rafano, condimento per esso più che consono. Notare gli gnocchi sferici per l'anitra, cilindrici e tagliati di sbieco per il goulash di manzo.
Io azzardo anche un dolce, una sorta di bignè con panna e una salsa sapidamente caramellata.
Restaurant Vikárka
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