venerdì 27 agosto 2010

EBRIDI ESTERNE. STORNOWAY. STEÒRNABHAGH




Tragedia del Nunche. Il coso nel quale stipa le foto si scassa e nella disgrazia perde delle foto su cui ancora piange. Andiamo a Stornoway per trovare rimedio. La troviamo sorprendentemente vivace e perfino con qualche negozio e gente per strada. Costeggiamo Lewis Castle, che effettivamente ha un parco e fa pensare che almeno una cosa Lord Leverhulme, il magnate che voleva cambiare in meglio i destini delle isole senza interpellarle e che fallì nell'impresa, l’ha lasciata.

Veramente il castello ottocentesco alquanto cupo, oggi disabitato e lugubre e il gran parco alberato li mise su con ingenti spese tal Matheson, scozzese trafficante di oppio e padrone delle isole prima di Leverhulme; ma fu quest’ultimo a donarli alla città. Mi viene in mente ancora una volta questo bizzarro tipo; in un libro che ho scorso nella public library, ho visto una foto incredibile della sua camera da letto. Mancava un pezzo di tetto e il letto coniugale (aveva implicato la sposa senza pietà) era esposto al sole, al vento, alla pioggia e a tutto ciò che al cielo passasse per la testa. Quello infatti era convinto che dormire in tal foggia fosse ottima pratica igienica. Pare che fosse uno che pensava che tutto ciò che gli girava in mente fosse oro colato. leggo pure che sia lui che la moglie prima di lui sono morti di polmonite.

Il problema del Nuche si risolve, ed esplorando troviamo anche un profondo, scuro antro pieno di rotoli di stoffa nel quale si vende tweed. Rotoli e pezze e un vecchio signore dall’aria svagata e dai bianchi riccioli e un camino acceso che riluce nel buio. 8 sterline al metro, 4 metri per una giacca. Presa una pezza nera con rari fili bianchi, molto bella, più morbida di altre carte vetrate precedentemente palpate. L’aria di città ci fa piacere, dopo tanta assenza.

A Stornoway torneremo l’ultimo giorno prima della partenza, in un B & B consigliato da Ketty l'ostessa, brutto quanto basta in una città non seducente. Casa in St. Francis Street, di fronte a un piccolo Museum che riassume la scarsa storia dell’isola: l’evoluzione delle costruzioni in pietra secca, le tragedie in mare tra cui il disastro dello Iolaire, le Clearences, l’emigrazione. Foto di giovani donne e uomini che partono in folla e in folla accompagnati, tutti con il vestito della domenica, le valigie di cartone, la banda di cornamuse ed emozioni troppo intense negli occhi.

La ricerca di radici familiari è molto forte: molte le agenzie perché gli americani rintraccino i parenti. Ma questo vale anche per i rimasti. Forse soprattutto per loro. Qui il vuoto degli assenti si sente, ed è continuamente ricordato. In un piccolo paese della costa ovest di Lewis abbiamo visitato un più misero museo, con un cafe semibuio dove una signora sola soletta stava facendo una mesta calza e si è interrotta speranzosa quando ci ha visto arrivare, ma si è sentita dire che no, non volevamo nulla, solo fare un piccolo giro. Pochi poveri oggetti, teiere, piatti, frammenti di vita quotidiana, foto; soprattutto foto, foto e foto. Foto di facce, foto di matrimoni, non sempre con un nome, perché resti traccia. Nel museo – una ex scuola – c’è anche un fitness center deserto con una bella sala con poltrone, vuote. Speriamo che in altri momenti ci sia qualcuno, che ci sia meno silenzio e meno assenza.

Foto anche nella bella Public Library di Stornoway; bel cafe, bella istituzione, una piccola libreria pubblica accessibilissima, amichevole, aperta sulla strada, centrale. Dalle grandi finestre vedi le persone, anche di una certa età, anche quelle che sembrano signore che andando a far la spesa fanno un salto in biblioteca, sedute a leggere in una sala di lettura accogliente, anche giornali. All’ingresso della Library foto vecchie – ancora degli sposi – e richieste di segnalare identificazioni delle persone fotografate.

Quanto allo shop che vende libri, lasciamo stare. Pochi libri e molti giornali, sigarette, dolciumi – sì, dolciumi descrive bene le disgustose bustine colorate – e tanti, tanti, tanti biglietti augurali. Così come diluvi di biglietti augurali piovono anche nel supermercato. Il che mi ha fatto pensare che quando abiteremo nelle Ebridi Esterne o cambieremo completamente vita, o dovremo acquistare tutto, ma tutto, a Inverness e a Londra.

Quattro strade e ci ritroviamo dal vecchio signore svampito che vende tweed. Ne prendo uno per me, quello più brughiera di tutti; l’unico brughiera, perché non c’erano che spine di pesce e quadretti. Con la fantasia – tremo nel dirlo – di ricamarvi i fiori del machair, dei prati delle Ebridi.

Poi quattro passi nel lugubre parco Matheson, il trafficante d’oppio, con molti alberi divelti con tutto il loro pane di terra. Un cartello avverte che ci sono modifiche nei percorsi in seguito allo storm. Forse c’è stato uno storm eccezionale, forse quest’inverno; forse ogni anno c’è uno storm così. Di alberi divelti ne abbiamo visti tanti, sulla strada per Stornoway. Anche qualche giovincello, cui facciamo gli auguri. Improvvisamente, nel parco, un anfratto pieno di fiori di campo: fiordalisi, papaveri! Qualcuno deve aver vuotato qui un sacchetto di semi certo non abituali in queste lande. Lasciamo Stornoway con questa cascata di fiori negli occhi, fiori luminosi in un cupo parco.

Note.

Per il tweed: Lewis Loom Centre, in Cromwell Street. In un vecchio granaio. L'eccentrico proprietario vi mostra la storia e le tecniche del tweed e ve lo vende.

Se volete farvi un'idea della camera da letto di Lerverhulme, ne vedete una sul Liverpool Daily Post - se le faceva fare tutte uguali in ogni casa - nella sua residenza principale.

2 commenti:

papavero di campo ha detto...

papaveri?!
papaveri nordici non fotografati?!
ahi ahi ahi
tiratina d'orecchi(a ritroso) al nunche e all'arte :-)

è la tua prosa, cara mia, che dà un palpito vitale a luoghi così arresi alla cupezza grigia a alla cronica impronta anaffettiva per cronica mancanza di fremito affettivo (parlo a ragion veduta, non alla ebridi ma alle orcadi sono stata nell'89 e a parte l'infausto fato che mi volle ammalata per un sandwich avariato che mi avevano spacciato ad inverness, i ricordi sono d'un grigio esistenziale accoppante di lande senza dio né uomini ma rallegrate questo sì da pecore ciccione bellissime e da preziosi colori gioiello della flora)
(le mie fantasiose aspettative di silenzio e di vuoto si scontrarono ahimé in me con una furiosa velleità nostalgica)
ehhmm dicevo della tua prosa bella dall'effetto vitalizzante, quando l'occhio sa cogliere e decodificare e immaginare una rappresentazione del reale nei suoi fili antropologici e culturali di trama e ordito della vicenda umana..
insomma leggere la tua cronaca dà un piacere evocativo..
(e chissà, mi chiedo, che mole di elaborazione si sta accumulando proprio ora da voi due infaticabili viaggiatori e pensatori in talento-work:-)
-noi s'aspetta il megareportage

artemisia comina ha detto...

eh carissima, fotografava il nunche. ed eravamo pre-papaverici, nel 2005. ho fatto il resoconto di un viaggio di cui mi è venuta nostalgia. adesso siamo sommersi da francia e inghilterra in salse molto varie e ricche. spero di non soccombere al racconto, ma di riuscire a fronteggiarlo :))

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