domenica 31 gennaio 2010

SIRIA. BOSRA. IL TEATRO.



















L'intenso bianco e nero del teatro di Bosra riluceva sotto il velo d'acqua lasciato dalla recente pioggia.

Bosra, dicono conviva con le rovine antiche in modo molto stretto, quotidiano e conviviale; io non l'ho visto perchè abbiamo puntato direttamente sul teatro senza deviazioni (il viaggio era assai superficiale, ma io pensavo che comunque avrebbe sanato un frammento della mia ignoranza del mondo). Pare che le rovine trapelino qua e là in tutta la piccola cittadina, grazie alla lunga dimenticanza di cui è stata oggetto, fuse con gli edifici abitati così forse come siamo abituati a vedere in certe parti del centro di Roma, una colonna all'angolo di una casa, una basamento di pietra per un muro di mattoni, un tempio diventato abitazione, un altare che regge un balcone.

Lo storico dell’architettura Alberto Ferlenga la propone, questa cittadina che fu capitale nabatea e romana, come l’ultimo esempio abitato di città-rovina. Le rovine, non monumentali, mantenute più per economia che per rispetto, non sono puri frammenti disarticolati, ma restano reperti vivi, in grado di ricordare gli snodi della passata città, i suoi usi pubblici. Le grandi lastre di pietra delle strade sono ancora oggi percorse dai passi, i monconi di colonna servono come base di un tavolo, segnano un ingresso. Bosra non è ancora stata trasformato in campo archeologico e non è ancora oggetto di una sterilizzazione museale.

Il teatro arriva quasi intatto poiché nel XIII secolo è stato avvolto, come un gheriglio di una noce dal guscio, da un forte arabo, che lo ha circondato torno torno di spesse mura senza eccedere nel depredarlo di pietre, anche se colonne affettate si vedono in certi torrioni, e pare che tale uso delle colonne a rondelle rafforzi assai la tenuta, la tessitura del muro.

Sul nerissimo basalto locale spiccano le colonne bianche, e pare che all'epoca la scena fosse tutto un risaltare di colori di marmi.

Nel recente passato qui, come nel tempio del sole di Palmira, si erano rifugiate centinaia di casette della popolazione locale, tutte strette come uccelli in un nido, e non posso che apprezzare l'idea. Oggi ci si tiene annualmente un festival dello spettacolo.

Mentre visitavamo il teatro, Ayem, la guida siriana, ha tentato una mediazione con la nostra cattolicità: ci ha raccontato come da Bosra passò, con la carovana dello zio, Maometto fanciullo (9? 12?); un pio monaco bizantino, quindi un cristiano, che in base a una profezia di cui era custode lo aspettava da tempo, lo riconobbe da tre segni: il fatto che fosse orfano, che fosse protetto da una nuvola ombrosa che lo seguiva come un ombrellino e che avesse un certo neo su una spalla. Il monaco gli parlò del suo destino.

3 commenti:

dede leoncedis ha detto...

Artemisia, stiamo seriamente valutando il progetto di un viaggio in Siria e mi farebbe piacere avere informazioni. non salite proprio mai verso il nord ovest?

artemisia comina ha detto...

dede, tutto il possibile; io da te voglio informazioni su tamerlano :))
ci sono amici che ci invitano da tempo, e noi abbiamo molta voglia di andare, ma il tempo è corto, corto, corto. (però, ci verremo! :)))

dede leoncedis ha detto...

e nui aspetùma

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