martedì 23 dicembre 2008

Dicembre. Una cena di quasi Natale intorno a un'oca.


Dicembre 2008. Una cena di quasi Natale intorno a un’oca. Gli Accademici si incontrano, ciascuno porta qualcosa, ci sono pacchetti uno più bello dell'altro, c'è Alice, la gatta. Quest’oca è natalizia o no? Natalizia, dài. Tiriamo fuori i minacciosi ammennicoli delle feste? Mah, magari le palle di vetro che più ci piacciono, la tovaglia di frammenti di sari antichi, qualche moccolo, la lanterna, la brocca pappagallo, le ciotole di vetro di Murano rosso, i bicchieri rossi, la cravatta rossa. E un mucchio di pacchetti, che siano molto colorati. Non c’è festa natalizia senza regali. Ci abbiamo dato giù, colori e fiocchi sono della massima importanza. Leccardo poi ha mostrato come con un po’ di carta velina recuperata fosse pronto a fare il modello di ogni quadro barocco vi possa venire in mente, da Erasmo nel suo studio, ai penitenti di Caravaggio, alle dame di carità degli ospizi olandesi, ai personaggi di Bosch. Mentre gli umani si abbuffavano d’oca, Alice dov’era? Sul bracciolo di una poltrona defilata e strategica, in una vicinanza prudente che le ha permesso di non perdersi nulla restando al riparo dalle pestate e dagli abbracci improvvisi. Un po’ sul bracciolo, sorniona, un po’ sul cuscino in acciambellati pisolini con un occhio aperto, approfittando della giacca di velluto di Leccardo, senza stancarsi e senza mancare un colpo. Il must è stato lo scalco dell’oca, che ha richiesto la determinata azione congiunta di Dolcesca alle lame per fendere la bestia e di Leccardo alle picche per tenerla ferma. Un trinciante, colpito da giusto disprezzo per la sua inefficacia, è stato buttato nella spazzatura. Artemisia ha dato il suo contributo presentandosi in kimono di seta, le cui maniche sono più che adatte a essere intinte nella crema di patate e in tutto quanto si presenti sotto di loro ad un’altezza dai dieci cm da terra in su. La cucina è stata luogo di numerosi ritrovi con improvvise sparizioni di diversi commensali, destando il sospetto di starsi a perdere qualcosa nei raccolti intorno al tavolo, che pure non avevano di che lamentarsi, e che mentre occhieggiavano verso i fornelli, soprattutto mentre l’oca restia veniva sezionata con tempi per la loro viziata impazienza troppo lunghi, continuavano a trincare e cianciare di lena. Quindi, Oca arrosto farcita di mele e datteri. Poi Triglione Nebbioso porta i Dip, o cremine, per cui va famoso. Sono di tre tipi: formaggio cremoso, radicchio rosso, capperi; ricotta di capra, tonno, buccia e succo di mone, pepe rosa; ricotta di capra, pomodori secchi piccanti. Ma non sperate di sapere davvero cosa ci sia dentro: Triglio non ricorda, e Leccardo nelle creme finisce sempre con farci cadere qualcosa. Ci sono anche Biscotti secchi e grissini acconci su cui spalmare i dip; ci diamo giù. Spalmare dip giova all’inizio di una cena. Artemisia si cimenta con un piatto di Gorge Blanc: Crema di patate su dadolata di pancetta rosolata. Insegue un indimenticabile amuse bouche assaggiato da lui. Dolcesca porta un’Insalata di gallinella, indivia belga, mele e melograno, e Patate dolci arrosto. Ricottola Lirica lo Sformato verde e giallo delle nonne e delle zie. Il banchetto si è concluso con Bicchierini ai mirtilli e alla crema di cioccolato bianco e molti Biscotti, tra cui i sempre attesi di Barbara, e quelli di Josephine's bakery.  Ai vini fotografati aggiungete un Amarone Musella, che i delibatori si sono presi lo sfizio di preferire al Masi.



Oca arrosto farcita di mele e datteri

Dip di tre tipi: formaggio cremoso, radicchio rosso, capperi; ricotta di capra, tonno, buccia e succo di mone, pepe rosa; ricotta di capra, pomodori secchi piccanti.

Biscotti secchi e grissini

Vellutata di patate su pancetta croccante pensando a George Blanc

Insalata di gallinella, indivia belga, mele e melograno 

Patate dolci arrosto

Sformato verde e giallo delle nonne e delle zie.

Bicchierini ai mirtilli e alla crema di cioccolato bianco.

Biscotti di Barbara, e di Josephine's bakery.

Ai vini fotografati aggiungete un Amarone Musella, che i delibatori si sono presi lo sfizio di preferire al Masi.



















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