TOSCANA. FIRENZE. GUSTAVINO, ENOTECA E RISTORANTE.

Ancora Firenze. Siamo qui per lavoro; siamo in quattro.

Dopo un posto abominevole, inimmaginabile per desolazione, pessimità del cibo, non saper che fare dei camerieri che per trovare una bottiglia avventatamente richiesta vagavano parlottando tra loro nel buio ristorante vuoto, aprendo un armadio, spostando una sedia per guardarci sotto, sbirciando dietro i quadri come se non sapessero dove si trovavano e soprattutto perché erano lì. Indicato dalla Lonely Planet, che li possino, come “delizioso posticino”; l’occhio irlandese del curatore non è stato una buona guida.

Impauriti e scornati, il giorno dopo ci infiliamo da GustaVino, già provato altre volte senza che ci amareggiasse. Vaghi ricordi di una ribollita non infame, di affettati buoni, di un ambiente non disaccogliente.

Buona pappa col pomodoro, che mangio con le lacrime agli occhi dalla riconoscenza, buon crostino di pane sciapo con lardo e miele, che assaggio in estasi, buon paté di milza caldo che contrasta con quello della sera prima del luogo dell’abominio con la sua santa normalità mangiabile, buon peposo, salsiccia con la polenta non male (siamo disposti a ringraziare in ginocchio questo posto non eccezionale ma garbato). Buona la ricotta con il miele e pepe nero, buona la torta di cioccolato, contenuti i prezzi, vini dell’azienda Lanciola.

Peposo: uno stufato molto, ma molto pepato, che si favoleggia esordisse nei forni di cotto dell'Impruneta, quando Brunelleschi vi faceva cuocere i quattro milioni di tegole della cupola di Santa Maria del Fiore; sulla soglia dei forni si faceva andare anche codesto stufato, per lui e le maestranze affamate.


GustaVino
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