venerdì 29 giugno 2007
UMBRIA. NORCIA
Abbiamo passato una notte a Norcia, per andare a vedere il vicino altipiano di Castelluccio, in quest’epoca adorno della famosa Fiorita.
Quando senza granché di previsioni e preparazioni Nunchesto ha deciso la sortita, un’affrettata ricerca ci ha suggerito di cercare un albergo a Norcia. Un altrettanto veloce decisione ci ha fatto optare per l’Hotel Posta. Unico criterio per sceglierlo, che fosse al centro della cittadina, e avesse poche camere. Quanto a questa seconda condizione, non se ne è proprio parlato: per un giro di circostanze su cui non vi annoio, siamo finiti all’ Hotel Grotta Azzurra , del cui bizzarro nome non so tutt’ora dare ragione. Centrale lo è, ma siamo capitati insieme a cinquecento – sì, cinquecento – cultori di arti marziali – già, cultori di arti marziali - provenienti da tutti i paesi del mondo. Dei cinquecento dirò soltanto che avevano in ogni circostanza una propensione al movimento guerriero, deciso, coordinato. Per esempio, immaginate i brindisi, quanto andavano in alto i bicchieri, come tuonavano le voci, cosa facevano, battendo ritmici lo stesso tempo, i piedi. Noi svicolavamo tra un pertugio e l’altro di questa sincronica massa.
Per una stanza rumorosa, che dava sul vicolo in cui c’è la parte all’aperto del ristorante, e una prima colazione in camerata – ricordate i cultori di arti marziali - non seducente, che abbiamo evitato, abbiamo pagato 100 €.
L’albergo è di vecchia tradizione, ottocentesca, e sta in edifici centrali e antichi; il ristorante, collocato in stanze con volte che si susseguono, si chiama Granaro del Monte e così rievoca l’antica fuzione di granaio di banca. La proprietaria, avendo scoperto che per la cena, dopo un’occhiata al ristorante in preda dei coordinati cinquecento ce l’eravamo squagliata, a tarda sera ci ha portato fin nelle cucine a farci annusare le tagliatelle semola e uova tirate da un unico dedicato addetto; tagliatelle che ci ha spinto sotto il naso per dimostraci la bontà degli ingredienti. Non posso negare un intenso e accattivante odore di semola e uova fresche. Al tempo stesso ci indicava i cento ciambelloni che lievitavano in forno per la colazione del giorno dopo.
Squagliarsela del resto non è stato semplicissimo. Il ristorante che avevamo adocchiato, Beccofino, in piazza, si è dissolto: non ha aperto, senza un rigo di spiegazione. Abbiamo allora ripiegato verso una certa Taverna dei Massari , e ci siamo ritrovati in un posto barocco dai toni vinaccia, una specie di casa di Dracula, del cui stile vi do piccolo saggio in una delle foto. Il cibo, rustico e sapido come il gestore, non era male. Salumi locali – come sottrarsi – gnocchi formaggio e tartufo, carni alla brace, zuppa di farro con tartufo, ciotola di lenticchie di Castelluccio con salsicce arrostite. Da bere, Sagrantino di Montefalco 2001 di Arnaldo Caprai. 96 € in due, di cui 28 di vino.
Non ci siamo pentiti di questa intimità con Norcia, bizzarra, antica cittadina devastata dai terremoti e perciò ricostruita con foggia ottocentesca, pur conservando ricordi antichi tra cui il più importante il giro delle mura. Piccola città bassa, chiatta, quatta, mai più di tre piani e con contrafforti. Sembra una grossa rana piantata tra i monti, di cui a ogni orizzonte di strada si vede il profilo; rana ben aderente al suolo, ma dotata di una certa energia, che potrebbe indurla al balzo.
Quanto a salumi, Norcia non ve li fa mancare. Le botteghe si susseguono sul corso, le norcinerie stanno appena fuori le mura. Più sorprendente è stato trovare, nella piccola zona industriale, anche una cioccolateria.
Di Norcia abbiamo anche apprezzato lo struscio del sabato sera, intenso e vivace. Tuttavia, consiglieremmo al viandante che vada a Castelluccio, senza rinunciare a una visita a Norcia, di provare un agriturismo in zona con possibilità di cena. Sembra ce ne siano di attraenti; per esempio si potrebbe andare e vedere Il Casale degli Amici. Oppure, per i più spartani, che non ritengono indispensabili i servizi in camera, il nuovo Rifugio Perugia , già sui monti.
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