domenica 3 giugno 2007

I tè di Balthus


L'oramai molto vecchio Balthus, intervistato da Alain Vircondelet, evocava come perno intorno al quale ruotava la tranquilla, sognante vita nel Grand Chalet della Rossinière il tè delle cinque. Le parole con cui caratterizza tale evento sono "rituale immutabile", "tradizione del tè", "rassicurante", "sereno"; tutto ciò in contrapposizione al "mondo che corre e si affanna".

In queste parole che mirano a raggiungere l'eternità che si ripete costante percepisci il desiderio del vecchio uomo di fermare il tempo. Ma dentro di esse risuona anche la qualità dei dipinti di Balthus, spesso silenziosi e immobili, caratterizzati da un tempo sospeso. E ancora, evocano il suo sogno di tradizione, di continuità nella pittura.

Lo chalet scricchiola intensamente in tutta la sua grande struttura di vecchio legno, le stoffe dei kimono frusciano, i solleciti passetti della moglie giapponese Setsuko accompagnano il ritmo con il quale i piatti con i suoi cakes, le sue torte al cioccolato, i vasi delle sue squisite marmellate vengono poggiati sul tavolo sul quale balzano i sacri gatti di casa, strusciandosi alla calda teiera senza farla cadere, in cerca di tepore.

Tale mirabile macchina nasce dalla trasformazione di un assai vecchio e storico chalet svizzero, recuparato dalla coppia Klossowski, Balthus e Setsuko, quando era un albergo in vendita; Balthus ricorda il tè che gli venne servito allora, che assimila a brodo di pollo e che venne buttato in segreto dalla finestra.


Il perfido Soavi introduce in questo quadro, in un altro libro, particolari inquietanti. Nelle squisite ciotole, ai cioccolatini e ai bonbon si mescolano orecchie di plastica perse da Baltuhs e dai suoi anziani ospiti, e a pranzo vengono serviti polletti nelle cui trippe Setsuko ha imprigionato mosche vive perchè facendo uova prima di morire soffocate e cotte, producessero un'inedita e squisita farcia.

"Mangiamo piattini raffinati, decisamente orientali, con pollo a fettine tagliate molto sottili e sistemate accanto a un riso pilaf con uvette e altri umori e colori delicati; compaiono verdure tagliate a pezzettini così piccoli che non si presenta mai il problema di scannare, o lottare con qualcosa che sta in un piatto. Tutto è già stato tagliuzzato, anche l'arrostino farcito con la crosta dorata croccante o morbida, all'interno della quale spunta la carne di una bestiola dorata che si lascia addentare, come un corpo morto e cotto nell'estasi. Anche i dolci sono perfetti. Ieri era apparso un brodino nel quale galleggiava, insieme ai filamenti di un formaggio sperduto tra le acque di un mare baltico, il tuorlo di un uovo più piccolo di un occhio umano. A chi era appartenuto quell'occhio? Quale bestiola ce lo aveva offerto? ...Forse un uovo di formica o di topo. Adesso i nostri denti mangiano un'altra cosa eccellente e Setsuko spiega la ricetta un po' bizzarra che le ha dettato lo scrittore cinese ospitato la settimana scorsa. Allora: si taglia un pollo, si tolgono le interiora, ma non tutte, meglio lasciarci dentro qualcosa, e infilare a grande velocità in quella carcassa un buon numero di mosche vive, quindi ricucire alla svelta la pancia del pollo, in modo che le mosche, chiuse dentro, possano lavorare. La loro fame, la loro frenesia, unita all'innegabile senso artistico delle mosche, adesso produce una quantità di uova che, condite con una certa salsetta, saranno molto più gustose di un piattino di caviale."

Le pareti di biscotto - così Soavi vede il vecchio legno - i pavimenti risuonano delicatamente sotto i prudenti passi di quattro servitori filippini, che fanno marciare, insieme a Setsuko, il puntuale orologio dello Chalet.

Perfido, Soavi, non per il gusto gotico di mosche e orecchie, ma in quanto ridicolizza, chissà quanto consapevolmente visto che ne sembra affetto più della sua vittima, lo snobismo di Balthus. Visitato solo da Vip e aristocratici - tra cui alcune Altezze Reali, come meglio si seppe poi, davvero deplorevoli - con un gusto di bimbo che, chiuso nella sua stanza dei giochi, insegue fole.
Varrà la pena di aggiungere che il bimbo Balthus lavorava veramente sodo e che conosceva il valore della continua e fruttuosa fatica: la sua materia pittorica va vista senza riproduzioni fotografiche, spesso ogni centimetro è bello in profondità.


Balthus a quanto so nei suoi rigorosi interni non dipinse spesso teiere; ne ricordo invece nei dipinti di Setsuko: gliele ha "cedute" in toto. Una comunque appare in questo quadro, di cui do un ampio particolare, fotografato da me dal catalogo, edito da Skira, di una bella mostra, Omaggio a Balthus, che si tenne presso l'Accademia Valentino nel 1996-97.

Interessante questo altro quadro, in cui si è cimentato con un tema barocco, dove il barocco è evocato anche nella messa in scena: il senso del gusto.



Balthus. Memorie. Raccolte da Alain Vircondelet. Longanesi, 2001, Ed. or. Mémoires du Balthus
Ed. du Rocher, 2001
Il libro esce l'anno della morte di Balthus e della bella retrospettiva di Palazzo Grassi, che il pittore non riuscì ad inaugurare come era previsto.Le due foto successive, da lì.





Giorgio Soavi, Giorni felici con Balthus, Umberto Allemandi & C., Torino 1996
Questo libro è fuori catalogo; in libreria c'è quest'altro, che non ho letto, Con Balthus, sempre di Soavi. Non garantisco però orecchie di plastica e mosche.

Se volete conoscere l'attuale destino dello Chalet, Fondation Balthus

Le due prime foto le ho trovate in troppi siti senza indicazione alcuna di chi le abbia fatte, quando, perché; quindi non so darne fonte. 

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