martedì 22 maggio 2007

GRECI A ROMA




























Dopo un restauro durato cinque anni, a dicembre ha riaperto il Museo Barracco, una ricchissima piccola collezione di opere di alta qualità raccolte da un barone calabrese nell'ottocento. Siamo agli inizi della repubblica, e ci sono grandi ritrovamenti, in una città rivoltata nelle fondamenta, di opere dell'antichità classica, e al tempo stesso c'è un mercato che comunque ancora ne offriva. Un ricco, colto signore con amici studiosi e consiglieri ne fa incetta.
Raccoglie opere dell'antichità greca, etrusca, romana, puntando all'eccellenza dei grandi autori e delle loro cerchie, ma anche dando prova di qualche divagazione felice, come quando raccoglie rare opere cretesi del VI e V secolo a. C.
Ha anche più ampie curiosità, verso l'Egitto - non vi dico che belle cose egiziane ha trovato il nostro - e il mondo antico in senso più ampio: c'è anche qualche importante pezzo mesopotamico e fenicio. Vere rarità a Roma.

Un giro molto felice in una mattina di maggio, domenica. Come sempre, l'agitata città svanisce e si aprono riposti, rarefatti, magici spazi. Il museo se ne sta in un palazzetto rinascimentale detto la piccola Farnesina poichè, edificato (forse da Sangallo il Giovane) per un prelato francese che lo adornò di gigli di Francia, per via di questi ultimi venne associato ai Farnese.
E' pure rifugio prossimo a casa, appena superato Campo dei Fiori, andando verso piazza Navona. Quando quella parte della città venne squarciata per aprire corso Vittorio, abbatterono le case che se ne stavano appoggiate a una delle sue facciate; facciata che poi venne rifatta da un certo Gui, che lo restaurò nel suo complesso trovando anche - guarda un po' - sotto il suolo stradale resti di edifici romani. E' per questo motivo che adesso ha un'aria strana, tra l'antico e il moderno.

Qui propongo greci: originali, o copiati dai romani.

Quali sono gli originali?
Per esempio il dignitario o sacerdote cretese molto colorato, dalla corona fiorita, i vispi occhi allungati, il sorriso puntuto sotto gli arcuati baffi (V s.a.C).

Il Dioniso arcaistico con la bandana sopra la testa gonfia di capelli e la barba rettangolare.

Il Priapo dalla complicata acconciatura fiorita evocante i rigogliosi orti da lui tutelati, la barba ricamata di regolati ricci e il sorriso nascosto.
Queste due teste, il Dioniso e il Priapo, sono entrambe indicate come arcaistiche senza indicazione di provenienza e di epoca; dovrebbero essere state fatte a cavallo del I s. a. C. e il I s. d. C... Tra Atene - dove la moda inizia - e Roma, quando ci si appassiona alle opere greche del V e IV secolo a. C. le si riproduce, le si copia, ci si ispira.

La ragazza ellenistica con lo chignon morbido, gli occhi sognanti.

Il signore barbuto che pare smangiato e perso nelle nebbie, ricordante la faccia del Giorno michelangiolesco che emerge dalla notte (Attica, IV s. a. C.).

Il vecchio corrugato e di profilo, strappato da una scena funebre (Attica, IV s. a. C.).

La fanciulla molto bianca dalla scriminatura netta, che divide pesanti ciocche di capelli, gli occhioni orientali, la bocca morbida e un po' torta, la cui testa poggia sulla base nera (V s. a. C.). Guardate quanto è diversa dalla fanciulla ellenistica, quella con lo chignon, molto più vicina alla mia idea di grecità classica, mentre questa ha una faccia orientale, da sensuale odalisca, che stupisce. Faccia per altro vicina a quella dei due ragazzi che la seguono, copie romane di originali greci. La prima di un giovanissimo efebo conturbante, la seconda una delle repliche di un bronzeo Apollo assai celebrato, attribuito a Fidia.

L'Athena bistrata e asimmetrica che incute timor panico anche dopo che le sono stati cavati gli occhi (V s. a. C.).

L'efebo con la faccia tonda e sorridente come una vera faccia da schiaffi, gli occhi trapanati, la regolare, rotonda doppia corona di ricci (V s. a. C.).

Museo Barracco

Corso Vittorio Emanuele 166/A

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