lunedì 11 agosto 2014

A cena da Isa e Ame, l'oco con l'acciugata




Sono arrivata al punto di concludere il racconto di una cena paradisiaca, avendo già detto di un kir, di crostini, di pomodorini, di olive, di focaccia, di garganelli con ragù d'oco e giallarelli; adesso mi addentro nell'oco, ovvero nell'oscio, e nella consutudine rigomagnese di bollirlo e servirlo con una salsa che merita menzione e memoria e che forse stava per essere dimenticata.

Isolina, che sta maturando nell'insieme un certo scetticismo su certi fatti fondamentali della vita, supponeva che nessuno ricordasse più questa bella abitudine che stava per rinnovare, ma il macellaio l'ha consolata: ricordava; però al momento di parlar di salsa, disse salsa verde. E qui non ci siamo, perchè invece io ho trovato essenziale, fondamentale, l'acciugato: acciughe sotto sale, capperi, sedano, tutto in tegame per poco a far salsa calda. Buonissima, buonissima.

Questo quanto all'oco lesso con l'acciugata; ma non era finita; c'erano fagiolini e patate ratte dell'orto, le seconde piccole piccole - come perle, diceva Isolina - e pure belle.


Zucchine a scapece (orto, ancora).


Peperoni arrostiti.


E infine - per certi versi soprattutto, poiché è l'accompagnamento classico dell'oco - cavolella tagliata fine fine fine (squisita; e chi la conosceva?).







Le bottiglie non mi riesce mai di fotografarle piene; questa era ottima, un velluto.





Quanto mi piace guardare questa finestrella quando annotta; il suo verde fa brillare la notte che cala, i suoi azzurri man mano più fondi, più vibranti e più cupi. E' una finestrella che rimprovera chi mettendo le mani su belle, perfette finestrelle, ne fa sgraziate finestre - è come accecare un occhio luminoso - come se la luce fosse quantità e non perfezione (come dio insegna).



La faccenda fu felicemente conclusa con un Gewürztraminer dolce la cui ambra antica (veniva celebrato dopo 25 anni di cantina) non faceva pagare all'aroma la sua bellezza, e un budino di susine con crema di more

Ai saluti il pensiero diceva: la prossima finestra dovrà essere veneziana, e Filemone e Bauci, snidati, saranno da noi, si spera.





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