mercoledì 11 agosto 2010

EBRIDI ESTERNE. TWEED, ROCCE, LAGHETTI.




















Bellissimo giro in quella parte della costa orientale di Harris che non avevamo ancora visto. Strada ben più stretta e più single track questa del lato est, che scopriamo, al contrario di quello ovest, fittamente popolato. Paesaggio lunare, rocce consumate dai ghiacci, loch, fiordi, isolette, niente terra fertile. Al contrario del lato ovest. Che ci fanno qui? Be’, ci sono stati spinti a calci dai lord che hanno comperato le isole e volevano gli ampi terreni di pascolo del lato ovest. E nel passato gli scacciati hanno ricavato negli anfratti piccoli croft fertili, con importazioni di alghe e torba. Bellissimo. Potrebbero sembrare dei patiti, dei folli del panorama. Qualche offerta turistica, tipo barche o giri in barca.

La single track road va su e giù e attraversa corrose rocce crivellate di pozze d’acqua, traguardando sempre, sulla destra, l’oceano. Be’, ci sono molte più case che altrove. Sempre una qua e una là, spesso proprio vicino all’acqua, sempre con nomi di villaggi se non con l’apparenza di villaggi. E sempre senza nessuno store. Li abbiamo immaginati come mangiatori di secche gallette, vista la disperante assenza di baker. Non è inutile dire che il paesaggio nelle sua asperità magnifica e più che esposta all'oceano era allarmante.

Ci sono una quantità di tessitori. Casette, loch, rocce, mare e ogni tanto un cartello che avvisa che c’è qualcuno che tesse e vende.

Ne abbiamo visitati due. Il primo affollato, con due telai inoperosi al momento, che tessevano l’uno un tweed non memorabile, l’altro un tweed con accentuate alternanza di colori vivaci, che formavano una sorta di quadri.

Ciò che è stato divertente, è stato scoprire che una certa ipotesi supposta era giusta: su queste strade fanno un giro camioncini che vendono ogni sorta di alimentari. Fotografato uno mentre si ferma davanti a questo primo shop.

Più vanti, secondo tessitore. Ci avviciniamo, c’è un casotto accanto a una casa, su c’è scritto shop e si sente un dolce e ritmico clacchete clacchete clacchete. Chi tesse è al lavoro. Entriamo, un anziano, elegante signore si alza dal telaio con una certa lenta fatica e ci viene incontro. Qua è là numerose e infine belle pezze di tweed. Insomma, l’estro dell’artigiano conta. Questo signore sa mettere insieme i colori. Guardiamo diverse stoffe, ci sono dei begli azzurri e celesti variegati, ma le più affascinanti sono quelle che riproducono i colori della brughiera e delle eriche e dei muschi e dei licheni. Ne prendiamo una di un grigio che vira verso il marrone, pieno di altri silenziosi, occultati colori: celeste, ruggine, giallo.

Il vecchio signore tira fuori bellissimi e levigati dall'uso metro e iarda di legno, li accosta, calcola, mostra e infine taglia 5 iarde a 8 sterline l’una. Nel frattempo chiacchiera sommessamente con un flusso di parole appena strascicate; come sempre ci chiede da dove veniamo, come sempre ci dice che è stato in una delle città d’Italia inevitabili, questa volta Firenze, come sempre aggiunge che avrebbe voluto vederne altre. Avvolge con cura la stoffa, come fasciasse un bambino, facendoci notare con un certo rimpianto che nel negozio dove si vendono le sue stoffe a Firenze e Bologna avremmo pagato molto di più, e costellando l’involto di etichette: una gigantesca con il marchio dell’Harris Tweed, un’altra più piccina idem e infine una tutta sua col suo nome – Mc Leod, figurati – e il suo indirizzo da cucire, si raccomanda, sulla tasca interna. Il signore avrà 80 anni. Ci dice che i giovani di tessere non vogliono saperne. Ci parla già congendandosi dal mestiere, dalle pezze. Ci guarda con una certa composta tristezza, sporgendo quel suo capino rotondo dai capelli ancora neri tutti lisciati indietro.

Nel giro ci fermiamo vicino a un laghetto con le ninfee e ne fotografiamo infine una. Avevo voglia di catturarla da quando ho visto la prima. Straordinario come fioriscano numerose e ignorate in molti specchi d’acqua, così ricche e solitarie. Ninfee che non sospettavo amare, tollerare, questi rigori e queste acque gelate.

Il giro è bello, e finisce con una soup di carote e coriandolo in un solitario cafe tra le rocce, deserto. C’è anche un silente internet point. Un’ora, due sterline.

Torniamo in Hotel a riposare e io passo due ore nelle gelata lounge a leggere e vedere foto della Harris che fu, così simile alla Harris che è. Tra l’altro, la storia di una famosa e pluripremiata tessitrice, Marion Campbell, morta ottantenne alla fine degli anni ’90 del novecento. Eccola che dal suo cottage – proprio nella zona in cui siamo stati – esce armata di cucchiaio e con quello scalza i licheni con cui otterrà il color ruggine. Oppure vedila mentre giovane, accanto a un pentolone fumante, tinge, e poi vecchia a fare la medesima cosa nel medesimo roccioso prato accanto al loch nel quale poi immergerà la stoffa. Oppure è lì che pesta, calzati gli stivali di gomma, il tweed dentro un tino. Operazione che una volta facevano insieme gruppi di donne, cantando ritmicamente canzoni in gaelico. Era celebre per i suoi disegni, i suoi pattern, per il modo in cui creava e accostava colori. C'è anche la foto in cui offre una pezza a una giovane regina Elisabetta.

Foto di Nunchesto.

2 commenti:

marzia ha detto...

pecore :-)
stavo appunto cercando se c'era qualche foto in questi tuoi post!!!

artemisia comina ha detto...

oserei dire che ce n'è una certa quantità ;)))

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