sabato 24 luglio 2010

EBRIDI ESTERNE. LE COLAZIONI DELL’ARDHASAIG HOTEL.


Domenica. La cuoca ci ha chiesto di fare colazione più tardi, alle nove. Deve andare a messa. Mi preoccupavo che anche i coniglietti fossero presi da assenze domenicali e invece eccone uno, sempre ben pasciuto, mi congratulo, avanzare nel prato. Ho detto in che consiste la scottish colazione che tra l’altro in questo hotel per ben due anni consecutivi, come mostra opportuno attestato, è stata considerata la best di Scozia? Allora: un tavolo di cibi freddi: crusca (non mi viene l’opportuna parola: quelle cose secche che si mettono nel latte), tavolette di crusca, caraffe di succo d’arancia, pompelmo, latte, frutta fresca: ananas, ciliegie, uva, anguria. Che facce questa frutta, qui. Mi sembra infreddolita e mi chiedo da dove venga. Poi: frutta sciroppata di due tipi, una più “fresca”, l’altra a base di fichi secchi. Ma ecco che posso descriverla solo vagamente: l’occhio è corso via, nessuna acquolina in bocca.

Altre cose? Non so. Quello che so è che mancava del fragrante pane, un profumato dolce lievitato caldo di forno. Ho fatto la fantasia di offrimi di prepararne uno. Bene, questo il tavolo del cibo freddo, come dicono. Poi ti offrono una fumante scodella di porridge che accetto, non fosse che alla memoria del ragazzo maltrattato di Stevenson. Quello del romanzo, che mangiava, presso il perfido zio, porridge e basta (potenza della letteratura).

Dopo il porridge, l’offerta che riempie di gloria l’hotel: una grande varietà di salsicce di questo e di quello e rognoni, oltre al bacon che è stata la mia scelta, da accompagnare alle uova cotte secondo i tuoi desideri e ai canonici funghi e pomodori. Toast caldi, di pane bianco e bruno. Due martellatine, fragole e arance. La seconda sta benissimo con certi friabili sassetti di farina d’orzo presenti in foggia di rotondi biscotti. Ah! Dimenticavo un ottimo yogurt, assai cremoso e denso. Ovviamente, coffa di caffé bollente e té, bricchi di latte, zucchero bianco, zucchero scuro. Sento dentro di me uno spiritello che vuole farmi entrare in cucina per incrementare questo, cambiare quello, fare quest’altro. Sarei curiosa di conoscere quali cibi producono questi bei sassi ricchi di erbe. Oggi guarderò con più cura – no, domani, lunedì – i negozi di alimentari.

Alla fine della giornata confermo le previsioni: nelle religiose Ebridi Esterne la domenica tutto è chiuso, serrato, sbarrato. Niente giornali, tanto per dire. Anche perché vengono venduti dal droghiere, per esempio. Quindi, nessun segno di vita umana. Solo un padre con un bambino. Alla sera, luci in quasi tutte le case. Quindi, ci sono.

Ardhasaig Hotel, le cene.

Foto di Nunchesto.

6 commenti:

acquaviva ha detto...

come capisco la tua tentazione di infilarti in menù e cucine altrui...
Adoro il porridge, credo per le stesse tue deformazioni letterarie che, non essendo per me ripetitivo, me lo fanno percepire come il comfort food storico assoluto.
Avrei scelto indiscutibilmente rognoni per colazione, in cucina mi divertono troppo gli estremi...

Anonimo ha detto...

queste tue descrizioni rappresentano bene una tipicita' british: loro hanno perso contatto con il loro particolarismo/localismo gastronomico (ora stanno tentando di recuperarlo, ma hanno perso molto). Anche a me e' capitato spesso, in Inghilterra, di arrivare in posti bellissimi e di mangiare poi... mediocri/generici/a volte pessimmi piatti che non avevano alcun legame col territorio (cosa da noi in italia, molto piu' difficile), quasi che si fossero dimenticato che ogni posto ha una sua cucina. ora, mi dico, queste benedette isolette fredde e ventose, avranno pure avuto una loro tradizione, ancorche' limitata: la cucina scozzese e' famosa soprattutto per il baking: torte & co e tu mi dici che di codesti prodotti neanche il sospetto? tipico.
le ciliegie? l'anguria??? aiutooo. ma i loro frutti? uva spina, bacche?? e poi niente pane nero, burro e aringhe? (kipper, molto buono). fortuna che avevi il porridge, che, ben fatto, e' proprio confort food al meglio (per me con dollop of cream & some kind of jam) (ma io,scusate, lo ammetto, a volte me lo faccio anche con burro e parmigiano, la sera di inverno).
peccato che un paese che cmq aveva una sua grande cucina, si sia ridotto ora a considerare spaghetti and chicken tikka masala come piatti nazionali. per fortuna, dicevo, dai primi anni 70 sempre piu' food writers stanno tornando a proporre gli ottimi piatti locali. il problema e' che questo passato gastronomico si e' perso nel dna delle persone e temo sia perso per sempre. ciao stefano

acquaviva ha detto...

(qbbq: sissì, assolutamente porridge salato! Però, dai... non sono così rari i posti in Gran Bretagna dove si riescono ad assaggiare anche prodotti locali e piatti regionali: pub di paese, inn di campagna, anche qualche ristorante di città lontano dai soliti circuiti con chef attenti.
E vada per il tikka masala, ma definiresti "non inglesi" piatti ibridi tipo il picalilli o la mulligatawny soup?)

Anonimo ha detto...

ciao acquaviva
... mah, guarda, io ho vissuto a londra per 14 anni e di posti che facessero cucina locale, ben pochi. nota bene: in molti pub ora mangi del buon roastbeef, o pie, o soup... e poi anche in alcuni venerabili e costosissimi hotel di belgravia si mangia ottimo cibo british.
ma generalmente, mi sembra, vengono proposti solamente pochissimi piatti mentre il repertorio british e' molto vasto. in quel senso mi sento di dire che la cucina locale, come fenomeno vivo e che appartiene alla vita di tutti e di tutt i giorni, forse e', purtroppo, morto. gli inglesi cucinano pochissima cucina tradizionale loro: ogni tanto una shepperd pie o una sponge cake, ma poco altro.

picalilly and mulligatawny soup (mai preparata ne' assaggiata, piccalilly invece mi piace) sono certamente inglesi, dal mio punto di vista: anche nella cucina, GB terra di grande rimescolamenti e di accoglimento (della cucina) degli altri...sempre pero' filtrata e rimaneggiata da spirito british: ora mi sembra ci sia motlo scimiottamento delle cucine altrui, ma poco apporto personale. gli inglesei vagheggiano il mediterraneo, la toscana e la provenza, ma vivono di fatto in una realta' nordeuropea, da cui spesso sembrano voler divorziare. da questo clash, forse un rapporto non risolto con la cucina e il cibo
ciao
stefano

artemisia comina ha detto...

mulligatawny, buonissima. tutti gli ibridi inglesi mi piacciono. vi aggiorerò dopo il mio giro nel Dorset ;)

PS: nulla mi piace come gli ospiti che cominciano a chiacchierare tra loro :))

acquaviva ha detto...

artemisia se davvero ti fa piacere io mi farei ospitare ancora un poco...
qbbq: in effetti non ritengo Londra fondamentalmente rappresentativa dei costumi della Gran Bretagna... soprattutto quelli alimentari!
Parlavo appunto di locali di campagna o di posti molto defilati... infatti nemmeno io, come è syuccesso a te, a Londra ho mai trovato un vero pub. Ci riconosci piuttosto uno stile cockney, che qua e là in qualche angolino sperduto è ben evidente e che è più facile incontrare pienamente nella cucina di casa di qualche amico.
A Londra come nelle metropoli del resto del mondo è difficile comunque, come dici tu, trovare persone che conoscono la tradizione gastronomica locale e sono ancora di meno quelli che si mettono a cucinarla...
Comunque, lasciando per un momento da parte sia Londra sia la campagna pura, a Birmingham, per dire, pur essendo "città" già si riescono a scovare tracce di tradizione credibili...
In quanto alla moda inglese della cucina mediterranea (spesso stravoltissima), che nel loro immaginario è sinonimo di cucina sana, sono assolutamente d'accordo con te. Restano in superficie per mancanza di vera consapevolezza, sia della propria cultura che di quella altrui. E mediamente quando non sai da dove parti è molto difficile capire dove riesci ad arrivare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...