lunedì 1 dicembre 2008

Novembre. A cena nella casa nuova


Novembre 2008. A cena nella casa nuova. Bello abitare un grande appartamento con vista su ciò che resta di una campagna romana con prati, pini, acquedotti e tintinnar di pecore, bella l’idea di una corsa in bicicletta sull’Appia Antica, ma mannaggia quell’avanti e indietro fino al centro ogni giorno.
Così la famiglia impacchetta tutto e cambia casa, approdando con un certo sconcerto felice in un mondo dove a piazza di Spagna ci arrivi a piedi in venti minuti, e Villa Borghese è a un passo. Cerca cerca, tra agguati e avventure nel periglioso mondo immobiliare romano, per ora l’approdo è in una assai bella casa dell’inizio del secolo scorso opportunamente non troppo lisciata da rinnovamenti, per cui qualcosa può anche cadervi in mano da un momento all’altro, come la porta del forno che è stata bloccata per la cena che incombeva con un manico di scopa, ma che in vantaggioso compenso promette fantasmi, accessorio che per quanto mi concerne considero indispensabile in ogni casa di un certo fascino. Quando sono andata via e ho alzato lo sguardo verso l’alta facciata arricchita da elementi classici, colonne, archi, timpani, resa corrusca dal temporale incombente e ombreggiata dai mobili rami di vicini alberi mossi dal vento, ho pensato che senz’altro fantasmi ce ne devono essere, basterà aspettare.

Per l’intanto i pavimenti rilucono di un bel legno color miele elegantemente bordato di nero e gli interni fervono della vita vivace della famiglia approdata, che subito si è messa a usare di buzzo buono una stanza che ritengo un vero privilegio e alla quale si dovranno dedicare commenti a parte: la sala da pranzo. Quella stanza che stringe le quattro pareti intorno a un tavolo, dedicata ad esso, e che circonda uno dei più bei mobili mai inventati, il tavolo appunto, con un abbraccio protettivo ed esclusivo che rende per tutta la durata di una cena i commensali partecipi di un mondo inventato per loro. Eccoci quindi intorno a un tavolo che già luccica di un’aria natalizia, e che con colori dorati e fiammelle rende prezioso il temporale con cui siamo arrivati e la pioggia battente che infilandosi sotto la cupola dell’ombrello sotto forma di goccioline vaporizzate ci ha bagnato la punta del naso.
E' in azione un cuoco, la sua donna dichiara estraneità dalla cucina. Ciò realizza un rapporto tra i due che raggiunge gradi di intensità luminosa da riempire la stanza; non so un accidenti su come si creino i fulmini, ma stava per crearsene uno, anzi penso che uno ce ne sia stato, di tipo particolare, senza un netto scoppio, ma di quelli che strisciano avvolgenti e frizzanti su gomiti e orecchie, baluginano negli occhi e vanno morbidamente a smorzarsi negli specchi (di cui la stanza era ricca).

Succede che mentre viene dichiarata una diversità di competenze lietamente accettata, si coglie come insieme a questa ci siano confini fermamente presidiati, intorno ai quali si svolge una lotta concorde che nessuno dei due intende vincere e risolvere, ma che ci si diverte a rinnovare con sempre nuovi espedienti. Così la moglie sbuccia patate e pulisce cozze come un ubbidiente sguattero, ma nello sguardo le sbrilluccica l'ironia di chi non solo gusta manicaretti, ma anche sorride delle inesauribili fantasie gastronomiche dell’affaccendato maître ed è pronto a fare interventi da spirito folletto che punteggino di sorprese le ordinate procedure della tavola.

Quanto al maître, sembra dedito al pesce e il menu segue questa traccia: pesci affumicati a acciughe marinate, rigatoni con ragù di pesce (ottimo, piccantino, gamberi, polpo, seppie, salmone, spigola), orata al forno. Sull’orata al forno ecco una divagazione incoraggiata dai commenti del cuoco, che non cessava di criticare le supposte imperfezioni di ciò che ci ammanniva (in realtà, sul ragù non ha fiatato): il pesce – grande – non era cotto a suo avviso a puntino in ogni sua polpa. Forse un pesce così grande, stavo per dire, andrebbe sfilettato: le differenze di spessore rendono una perfetta cottura di ogni parte quasi impossibile. Ma ho tenuto la bocca chiusa; credo avrebbe fatto l’effetto di uno che mentre si sacrificava un toro intero sull’ara di Giove, proponesse che si arrostissero bistecche. Alla forma intera del pesce, portata in tavola in trofeo come un omaggio rituale, è difficile rinunciare.
Il maître ama fare la spesa, virtù indispensabile di un gourment, e non contano per lui distanze o tempo che al compito è necessario dedicare. Il pesce non veniva da Roma, ma dal litorale laziale, da una certa bottega in cui lo sanno anche marinare, che garantisce pescate perfette; il dolce da un certa pasticceria che si trova all’altro capo della città, ma che importa. Ci racconta di come quando è al mare, si guardi bene da sciocchezze come fare il bagno, e di come passi il tempo tra i banchi del mercato a intrecciare fitti rapporti con chi lo rifornirà di prelibatezze. Se penso a quando lo abbiamo conosciuto, anni fa, una delle prime immagini che ricordo è quella di un vassoio di paste delle quali sia la crema che la frolla erano ottime, prese non so più dove e portate sulla sella della moto fino al luogo in cui ci dovevamo incontrare, non importa se scapigliate e ammaccate ma salve nell’essenziale delle perfette bontà e freschezza e che permisero di accompagnare una certa riunione di lavoro con leccate di baffi. La passione per la spesa del cuoco veniva accompagnata da incursioni della sposa-folletto che commentava in sottofondo, sempre con aria di innocenza ironica: fare la spesa è una cosa che odio! Un vero incubo!

La cena si è conclusa tra molte risate e con un tiramisù di Pompi, che ho scoperto essere una gloria romana che ha suscitato ricordi in tutta la tavola e mi ha confermato che non so nulla di questa città. Si dice, da parte di esperti, che a Roma sia il migliore e che i golosi fanno la fila senza lamentarsi per avere un dolce gonfio, morbido, dolce ma non troppo, ricco di cacao e scaglie cioccolato. C’è anche un tiramisù alle fragole che turba gli animi e suscita dibattiti, e a complicare le cose ne è arrivato uno alla banana e cioccolato, ma la tavola alla quale l’ho mangiato non aveva dubbi: il tradizionale è il preferibile e l’ottimo. Concludo citando un’insalata di mango, pompelmo e kiwi ed evocando vini con le foto; l’ alsaziano era un Gewürztraminer.

Pesci affumicati

Acciughe marinate 

Rigatoni con ragù di pesce

Orata al forno

Tiramisù di Pompi

Insalata di mango, pompelmo e kiwi
























 

17 commenti:

Caty ha detto...

auguri per questa nuova stupenda casa , per i fulmini , i fantasmi e tutto l'amore che la riempie.

Günther ha detto...

bisogan sempre festeggiare per una casa nuova........... è una fatica

mammadeglialieni ha detto...

è un post bellissimo, una atmosfera magica vi ha accompagnato durante la cena... fa veramente un grande piacere vedere che ci sono persone che curano in maniera così raffinata la tavola da pranzo. il pesce era magnifico, forse più che sfilettarlo sarebbe bastato fare 2 o 3 incisioni dove lo spessore era più alto, l'effetto del pesce intero è sempre impagabile! buona settimana!

niky ha detto...

che bel racconto per inaugurare una nuova casa.
il ragù di pesce è veramente stuzzicante...
e, come ti dicevo, la gloria di Pompi travalica ben i confini dell'Urbe :)

Lory ha detto...

Che uomo!!!!
Però uno Chef con un grembiule dell'Accademia Barilla non si può proprio vedere ehhhh ;-))

Michela cake designer ha detto...

Bellissima casa e bellissima cena.
Il cuoco mi ricorda mia nonna..mai una volta che fosse soddisfatta di quel che preparava.
Ed ogni volta che ci esaltava i difetti secondo lei delle sue preparazioni..che se lei non avesse detto nessuno avrebbe manco per sbaglio notato.
STi cuochi.

artemisia comina ha detto...

caty, la famiglia sarà lieta dei gioiosi sentimenti con cui la saluti :)

artemisia comina ha detto...

gunther, parli come un "esperto"... :))

una fatica, ma può essere insieme così bello, non trovi?

artemisia comina ha detto...

mammadeglialieni, sì, sono belle le luminose atmosfere invernali tutte interne e accompagante da convivialità e risate; più tempesta il fuori, più si è lieti dentro.

artemisia comina ha detto...

niky, fu in questa cena che affondai i denti nel morbido tiramisù; viene voglia di provarne, anche altri, anche con frutta mi sa...nonostante l'unanimità verso "il classico".

artemisia comina ha detto...

lory, ecco, somigli alla sposa-folletto :)

artemisia comina ha detto...

michela, mi sa che dovremmo dedicare una memoria, dei racconti alle nonne.. le nonne in cucina.

a.o. ha detto...

Sarà che la cena da Lucia ne ha mostrato di meravigliosi, ma mi pare che questa bella tavola s'indebolisca alla voce "zuppiere e piatti da portata"...
proprio non me lo spiego.

artemisia comina ha detto...

aiuola, secondo me è il tocco maschile (ma quel pentolone spropositato mi è piciuto un sacco).

Anonimo ha detto...

non vi fate mancare proprio nulla eh?
la mia è tutta invidia! ;-)))

Anonimo ha detto...

Che casa tanto bella!!
Con un arredamento che dà un ambiente di serenità ed armonia. Condividere il tavolo con famiglia ed amici. Non può chiedersi ma!!!
Desidero che godiate questa casa di molta salute e felicità.

artemisia comina ha detto...

@ cobrizo, ci si arrangia :DDD

@ mercè, ben tornata!

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