giovedì 16 agosto 2007

UMBRIA. ORVIETO. OSTERIA L’ASINO D’ORO DALLA SERA ALLA MATTINA.


























Quando vi dicevo che se abitate a Roma potete andare a Orvieto a cena dall’Asino d’Oro senza pentimenti, parlavo talmente sul serio che alla prima occasione l’abbiamo fatto.

Domenica avevamo un festa a Montefiascone. Per parteciparvi con agio e tranquillità, sabato sera ci siamo appostati a Orvieto. Questa volta, visti gli ardori di luglio, abbiamo optato per un albergo e non per la già consigliata pensione dei preti. L’Hotel Duomo, appena ristrutturato, ci ha confortato con l’aria condizionata, uno spicchio di vista sul Duomo e un parcheggio per la macchina sotto la pergola di una magnifica vigna, di cui si scopre la sorprendente esistenza dietro un muro a ridosso del Duomo. Alla sera avevamo una prenotazione da Lucio Sforza.

Il giorno successivo, dovendo essere a Montefiascone nel pomeriggio, dopo una visita mattutina al Museo Claudio Faina ci siamo chiesti dove mangiare un boccone e indugiare un po’. L’occhio ha vagato intorno cadendo svogliato su certi tavoli troppo assolati nei quali si servivano salumi, formaggi e vino. Una bocca, anticipando l’altra di un soffio ha detto: e se tornassimo all’Asino d’Oro? Quattro piedi si sono subito avviati, due cuori si sono consolati, le menti si sono rallegrate dell’idea.

Abbiamo rapidamente infilato il noto tunnel subito dopo la torre del Moro a destra, ci siamo precipitati speranzosi dentro l’ombrosa stanza e abbiamo trovato una molto accogliente accoglienza. Che volere di più?

La doppia visita ci ha permesso di assaggiare più cose. La volta precedente Nunchesto aveva preso una Trippa in inzimino così buona che in questa occasione l’abbiamo ordinata in due. Scoprendo che era un’altra; altrettanto buona ma diversa. Un nuovo contributo di foglie le dava un retrogusto amarognolo inedito e seducente. Lucio Sforza, del quale abbiamo potuto apprezzare l’ospitalità e con cui abbiamo piacevolmente conversato di cucina ma anche di Etruschi, mentre sullo sfondo gorgheggiavano ora Zerlina ora Cherubino, ci ha spiegato – ma tanto si capiva – che lui si scoccerebbe a fare sempre le stesse ricette allo stesso modo. Diciamo che arpeggia sul tema.

Dopo la trippa, è stata la volta degli Gnocchi con caprino e basilico su crema di pomodoro, coniugazione molto interessante.

Sempre alla sera, abbiamo assaggiato lo Spezzatino di agnello con fichi freschi e le Costine e tocco di maiale caramellati agrodolci. Questi piatti, fotografati alla luce di un lampione (cenavamo fuori, nella terrazza esterna) si intravedono appena; il bello è che le costine erano nere come un lucente e succulento carbone anche ad occhio nudo. Il giorno dopo Nunchesto ha preso un’ Insalata di cappone ruspante agrodolce accompagnata da una cucchiaiata di panzanella. Questi piatti erano tutti e tre riuscitissimi; sembrerebbe che il cuoco abbia il dono di saper cuocere la carne in modi molto attraenti. Diciamo modi antichi, o comunque capaci di evocare pentole sapienti e pazienti per tempi di cottura e uso di ingredienti. Notate la presenza dell’agrodolce, per il quale per altro ho una particolare attrazione.

Anche le verdure sono oggetto di esplorazione. Abbiamo assaggiato il Budino di pomodoro (fresco e bello a vedersi, con un sorprendente giro di miele), la Caponata con la ricotta (la possibile stucchevolezza della caponata stemperata dalla ricotta), il Cavolo verza su crema di fave. In questo ultimo piatto il sapido del cavolo, il dolce delle fave, il fuoco del pepe nero in grani, riccamente presente, si coniugavano genialmente.

Infine, Gelatina di pesche nettarine con millefoglie di spuma di ricotta, e Budino di salvia e zabaione (altra coniugazione molto riuscita), accompagnato per Nunchesto da un bicchiere di Muffato della Sala Antinori.

A proposito di vini, Nunchesto Bibendum commenta che la carta ne propone soprattutto di locali e orvietani, di altissimo livello. Molto buoni i vini al bicchiere provati a pranzo. Alla sera è stato bevuto un Terre Vineate Palazzone Orvieto Classico Superiore 2005.

Una bimba orientale pranzava fuori con la famiglia, che Nunchesto non ha potuto fare a meno di tentare di catturare con la macchina fotografica.



Dalla finestra dell’Hotel Duomo abbiamo potuto ammirare il profilo del Signor Battilore, e in particolare il suo bel berretto.

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