venerdì 17 agosto 2007

Passata di pomodori di zia Maria

  
Si tratta di una passata fatta con il cosiddetto "metodo zia Maria"; la zia Maria non era una zia, come capitava nella Valle di Comino. Zia era un titolo meritato per il legame tra famiglie, l'amicizia tra adulti, l'affetto tra questi e i bambini che man mano nascevano e crescevano. Maria, amica di Aida, madre di Mentuccia, divenne zia di quest'ultima e dei suoi numerosi fratelli, come pure di Artemisia. Era nata in un paese vicino, in una bella casa, anzi potremmo dire un palazzo dalle molte stanze, di quelli messi di sguincio lungo il fianco di un colle, con le finestre aperte su una valle, una volta ricchi e poi fané, di cui era suggestivo fare un giro e scoprire stanze su stanze, tra cui quelle dipinte e con ricchezze smarrite, vedendo spuntare ora l'uno ora l'altro parente della numerosa discendenza di quei ricchi avi, raccontando storie di casa e infilandoci dentro rivendicazioni di eredità. Da giovinetta aveva sposato un uomo ostico, mi pare da subito disapprovato dalla famiglia, non so se per carattere, certo per reddito; a farla breve, in età adulta fu vedova e bisognosa di cavarsela senza grandi mezzi, quindi affittava stanze della sua casa romana - in ogni caso grande e borghese - a studenti, cosa che Artemisia in visita da bambina trovava di grande attrazione, parendole quel via vai interessantissimo e apportatore di novità (c'era pure una figlia, forse per reazione alla vicende materne da sempre con l'aria "non mi sposo"). Questa amicizia produsse anche tale ricetta, accolta e diffusa da Capaltazia Romagnola, nuora di Aida; la passata è stata fatta sotto la direzione di Capaltazia, con la partecipazione di Mentuccia Fibrena, Artemisia, Pomaurea e altri volonterosi. Iniziammo passando la passata con un passaverdure, poi si capì che così si moriva, e si corse ad acquistare una traballante macchina nel paese vicino, ultimo reperto del negozio, che nessuno aveva voluto, che richiese molti accorgimenti perché funzionasse e produsse parecchi spruzzi imprevisti. Negli esordi furono pure recuperate dalla cantina vecchie bottiglie spaiate e pittoresche con cui la passata si faceva una volta, lavate e rilavate e munite di nuovi tappi, ma poi ci si piegò alle moderne, più efficaci. Ci siamo così tolti per tre anni - 2003, 2006, 2009 - lo sfizio di fare la passata di pomodoro tra fumi, spruzzi e - grazie a dio - raffiche di vento. Non vi dico che soddisfazione tutte quelle rosse bottiglie schierate.

da Capaltazia Romagnola

40kg di pomodori san Marzano (4 cassette), 6 cipolle, un cespo di sedano, 6 carote, un mazzo di basilico.

Verranno 36 bottiglie da tre quarti.

Affettare i pomodori in quattro (facilita l'uscita del succo e la cottura di una bella massa di pomodori).

Riempire una capace pentola (l’operazione, ovviamente, andrà ripetuta più volte) mettendoli a strati, a faccia in giù, pressando alquanto. In cima poggiare un pezzo di cipolla, uno di carota, uno di sedano; niente sale e niente acqua.

Pentola sul fuoco.

Quando la carota è tenera e i pomodori molto morbidi, passare il tutto.

A questo punto, salare.

Far ribollire il passato e versarlo bollente nelle bottiglie.

Mettere in ciascuna bottiglia riempita una foglia di basilico e un goccio d’olio d'oliva in su la cima.

Tappare.

Mettere le bottiglie una accanto all’altra, strette strette a tenersi calduccio come pinguini nella tormenta, ben coperte con una coperta; farle raffreddare così.

Man mano si sentirà: PIK! PIK! è il vuoto che si crea sotto i coperchi.






















2 commenti:

Anna ha detto...

Ciao, anch'io conservo così la passata. Io solamente di pomodori.
Ho visto utilizzare 30 anni fa questa modalità in Salento dalle donne dei pescatori. La "manta" veniva chiamata che mi risulta voler dire coperta in spagnolo. Modi appresi da dominazioni straniere che hanno reso ricca e variegata la nostra cucina nelle modalità e nei sapori.

artemisia comina ha detto...

interessante Anna,grazie :)

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