martedì 3 aprile 2007

Aprile 2007. Napoli. Bicchiere della staffa e ruoti.

Aprile 2007. Napoli. Bicchiere della staffa e ruoti. Sabato sera abbiamo celebrato il bicchiere della staffa e insieme l’arte dell’avanzo a casa di Ester, intorno al munifico piatto di formaggi sopravvissuto nella sua immensità e abbondanza alla cena di venerdì. Alle costole della casa, che se ne sta centralissima dove un tempo fu un quartiere militare, e infatti da una parte scorre via della Cavallerizza e dall’altra via Belle Femmine a indicare come l’essenziale fosse a disposizione, rumoreggia e ribolle la folla giovanile che affolla pub e caffé e locali che costellano la zona. Ma noi rifugiati e conversanti ce ne siamo stati nella pace della grande cucina a bere uno Chardonnay St. Valentin 2004, descritto da Nunchesto, che lo aveva scelto nella vicina Enoteca Belle Femmine, come vino intenso pochissimo fruttato, intenso e concentrato, ma al contempo fresco. Non posso darvi l'indirizzo preciso, poiché digitando "belle femmine, Napoli" Google dà solo siti porno (qui si aprono riflessioni sulla continuità tra presente e passato), ma la trovate subito: è una vietta. L'enoteca è vivacemente frequentata e ha dei tavoli per la degustazione.Napoli è stata come sempre cornucopia di eventi, incontri, affetti, chiacchiere, idee. Dopo un paio di intensi giorni, che qui non si direbbe ma sono stati anche di duro e divertente lavoro - palazzo cassano, Federico II ci ospitarono - sono andata via con ricette di questo e di quello e un pacco di mezzi ziti Setaro sotto il braccio, che ci hanno salvato dal digiuno al ritorno a Roma, celebrati dall’ottima passata santamente fatta quest’estate. Più in generale, ho lasciato Napoli con tante promesse di ritorni, un barattolo di sugna di Agerola, una pastiera ottima con la quale scopro la pasticceria Bellavia, e perfino un sacchetto di sel de Guérande portatomi da un viaggio colà e schiaffatomi in mano non appena messo piede sul suolo di Napoli, tutti doni degli ineguagliabili napoletani.

Di mio ci ho messo un acquisto di piccoli stampi uguali a quelli delle pastiere, ma monoporzione, comperati in un magnifico negozio, Casalinghi Mancini in via della Cavallerizza. Piccolo, una stanza - non so se ci sono nascosti anfratti – ma una stanza dalle cui pareti pendono a strati e si accavallano infiniti oggetti sovrapposti tra cui rilucono e baluginano seducenti alluminii di tutte le forme. In particolare, ruoti. Il ruoto. Celebriamolo. Assaporiamo questa parola che ruota nella nostra bocca come il cielo di cherubini, serafini, troni e dominazioni intorno al Santissimo. Ho scoperto che a Napoli tutto è un ruoto. Lo stampo da savarin? Un teglia rettangolare? Ruoti, perbacco. L’ineffabile Anita racconta sorniona dello sconcerto che paralizzò l’amica estera quando ella le chiese di passarle il ruoto quadrato. L’irrisolvibile teorema era stato sciolto in un attimo, e quella, l’amica ignara e folgorata, se ne stava tremando immobile, mentre Anita tendeva invano la mano in attesa della desiderata teglia. Tornando al raccomandabile negozio, ho progettato con Antonella che la prossima volta ci andiamo insieme, io con borsone e lei come mediatore culturale, poiché sospetto di non saper decifrare l’ampia varietà di ruoti. Da babà, da pastiera alta, da pastiera bassa, da tortano, da casatiello, da gattò.

Io ho contribuito ad arricchire la strumentazione portando in dono un pastry belnder, famoso per la sua rarità in terra italica, acquistato a Roma da C.U.C.I.N.A. L'amica a cui l'ho regalato ha pensato fosse un bracciale africano, poi abbiamo convenuto essere strumento con il quale si impasta la frolla senza scaldarla. Si impugna per il manico di legno, e si dondola la ricurva griglia parallela su farina e burro, finché non si ottiene opportuno impasto che a quel punto richiede solo la rapida conclusione per fare la "palla" da riporre al fresco. Ester, epigona di una famiglia napoletana fitta di padrone di casa e cuoche, ha subito ricordato la nonna che le raccomandava appassionatamente di non stropicciare la frolla della pastiera per non bruciarla, e il suo terrore memore nel maneggiare l'impasto. Come ho detto altrove, Ester non cucina mai senza sentire voci. Bisognerà valutare cosa le dirà il parentame che allucina mentre cucina, articolatamente commentando ogni sua mossa, di tale nuovo aggeggio. Nessuno come Ester mi ha fatto capire la tradizione orale. Ester ha anche osservato sapidamente che è una bella soddisfazione andare da C.U.C.I.N.A. per pagare tre volte il giusto ogni cosa elegantemente ivi proposta. Tuttavia, ci arrivi con lo struscio, comunque non ti rovini, ogni tanto trovi rarità.

Segnalo qui di passaggio La Caffettiera di piazza dei Martiri, un caffé dove si può trovare confortevole rifugio tra un appuntamento e l’altro. Qui aspettavamo che per andare a casa di Ester si facesse un’ora decente, che non facesse gridare: “oddio già sono qua!”. Aperitivo analcolico accompagnato da una schiera di fritti napoletani, crocchette, palle di riso, pizza con il baccalà, frittata di pasta miniaturizzati un po' sofferenti per la distanza che li separava dal momento in cui erano usciti dalla padella.

La pizza con i cecinielli come pure pure il babà sono di Antonio e Antonio, via Partenope, proprio sul lungomare, sulle cui sedie siamo crollati affranti non potendo più muovere un passo, vista la zona esposta e centrale rassegnati a tutto, e invece è arrivata detta pizza di bontà suprema. Che dire?

Eravamo lì vicino, in in un albergo dal quale abbiamo potuto godere ogni luce su Castel dell'Ovo.

Bellavia, pasticceria
via Fragnito 82
Tel: 081 5461491

Mancini Pietro. Casalinghi
via Cavallerizza 10A
tel. 081422084

Antonio & Antonio
via Partenope n.24
tel. 0812451987 

Enoteca Belle Femmine
via Belle Femmine

C.U.C.I.N.A.
Roma, via Mario de' Fiori 65
tel: 066791275
 



 



 








 










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