sabato 2 ottobre 2010

BORGOGNA. CHÂTEAU DE BUSSY RABUTIN. LABIRINTO







Recenti restauri hanno lavorato sui giardini, arricchendoli per esempio di un labirinto nel quale Nunche ed io abbiamo passato diverso tempo in circonvoluzioni, chiedendoci come sarebbe andata a finire (ho anche pensato che ci avrebbero ritrovato il giorno dopo). Abbiamo scoperto che si tratta di un labirinto a una via, di quelli dove si va verso una conclusione e poi si torna indietro per la medesima via che si è fatta all’andata.

Non si tratta però, se gira e rigira sono riuscita a capirlo, di una conclusione centrale come nel labirinto cretese (lì, nel centro, c'era in attesa il Minotauro) che poi è stato modello dei labirinti cristiani (come quello rimasto nella cattedrale di Chartres) che rappresentavano l'andata e il ritorno mistici dalla Gerusalemme celeste, che aveva preso il posto del Minotauro (praticamente, morire e rinascere in un caso come nell'altro, in continuità dal mito antico a quello cristiano). Né è un labirinto barocco, di quelli con i vicoli ciechi e gli inganni e un'uscita da un lato differente da quello dell'entrata. E' un labirinto ispirato a quelli settecenteschi, epoca in cui il giardino venne ridisegnato. Mi intrica pensare che furono proprio i parroci del XVIII secolo quelli che fecero smontare i labirinti delle cattedrali (quello di Chartres è uno scampato, un sopravvissuto) perché non ne capivano più il simbolismo, e si irritavano del fatto che i bambini ci giocassero. Quindi si capisce come nel XVIII si perdesse il senso del va e vieni della via coniugato alla necessità simbolica di una meta centrale.

Ma per certi aspetti il castello di Bussy-Rabutin è tutto un labirinto speciale: è pieno di itinerari mentali e simbolici e figurativi dove non si arriva mai al centro.

Lieta sorpresa: per Bussy-Rabutin si va a spasso da soli e dove ci pare, senza essere catturati dall’orrida guida che spiega e spiega e spiega senza dire nulla e nulla e nulla(o pressappoco). È meraviglioso ricevere questa fiducia, sembra di stare in un clima di civiltà e di possibilità di guardare e pensare e stare e andare di cui si sente così tanto il bisogno.

Ninfee di ogni tipo nel fossato, preghiera di chiudere la porta della cappella per non imprigionarvi le rondini: viene voglia di essere più buoni.

Ci sono particolari seducenti anche nel villaggio. Bel bar soleggiato e frequentato da persone beate di fronte alla porta di ingresso. Accanto brocante di povere cose di campagna. Simpatica. Quella con cui qualche anno fa parlammo il giorno che arrivammo fin qui e il castello era era chiuso (chiuso per il pranzo: inconturnable, parbleu). Ricordo del piccolo villaggio silente e solitario, dell’occhieggiare desiderosi nel parco chiuso da mura.

Vicinissime Flavigny, Alesia con la statua di Vercingetorige e la meravigliosa abbazia benedettina di Fontenay. Ma anche Solieu, Vezelay.

Le notizie sul castello, prevalentemente da Le château de Bussy-Rabutin, Éditions du patrimoine, Paris 2005, dal sito del castello e da quello dedicato al castello dai fan di Roger.

La piantina e una presentazione la trovate in AAA.

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