E' sempre del tutto eccezionale che delle vetrate antiche giungano intatte fino a noi, con tutte le occasioni che hanno avuto di andare in mille pezzi, specie se c'è una rivoluzione di mezzo; ma a Brou se ne è persa solo una, e per una grandinata. Coerentemente con il programma celebrativo della chiesa, nella navata alta, nuda, chiara, ci sono grandi finestroni senza figure; nel coro ricco, decorato, fiammeggiante, lì dove ci sono le tombe, i vetri risplendono di colori ed immagini. In un paio di grandi vetrate, l'assunzione della Vergine che rimanda alla resurrezione di Margherita e la coppia affrontata accompagnata dai rispettivi santi patroni.
Qui Margherita è giovane come Filiberto, e mentre le statue della tomba - specie una delle due, quella da viva - conservano quella carnosità della bocca, del mento, del naso che debbono essere state proprie di questa dama, l'immagine della vetrata diventa più lieve e idealizzata.
Alle sue spalle, la patrona Santa Margherita con il suo drago, singolarmente simile a un levriero verdolino; viene alla mente il levriero che dorme ai piedi di Margherita nella sua tombale immagine di alabastro.
C'è poi un tripudio di stemmi, che ricordano gli intricati andirivieni matrimoniali e dinastici che organizzavano il potere.
Con alle spalle un Santo dalla faccia sorniona e il cappello da vescovo di cui non ricordo il nome. Comunque, il suo protettore. Forse San Nicola da Tolentino, cui è dedicata la chiesa, poichè il giorno della morte del ragazzo, quello era il Santo. Da ciò derivò anche che fossero i suoi agostiniani e non i benedettini a occuparsi del convento, e un gruppo di tali frati arrivò appositamente dalla Lombardia. Non posso fare a meno di chiedermi, a margine di questa notizia storica, perché Margherita ce l'avesse con i benedettini, e meditare sul fatto che di conseguenza le piacesse poco il vino (come vedremo, tra benedettini e gran cru di Borgogna c'è un legame più che stretto).
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