È l'unico palazzo di Istanbul che possa definirsi tale oltre
a quelli del Topkapi, e forse vanno esclusi anche questi ultimi, più padiglioni
che palazzi. Il suo committente, Pargali Ibrahim Pasha, non era turco, e si
suppone fosse un greco; certamente aveva gusti "occidentali". Era un
giannizzero - un ragazzo non mussulmano rapito in giovanissima età per essere
convertito e addestrato al servizio del sultano - amico di Solimano il
Magnifico fin da quando erano entrambi ragazzi; poi fu suo Gran Visir per
tredici anni, finché il sultano non lo fece uccidere.
Questo omicidio veniva perpetrato in un'epoca e in una cultura che lo prevedeva
come un destino ineludibile per ognuno che fosse entro la cerchia del Sultano
minacciandone in qualsiasi modo l'egemonia assoluta; premonizione ne fu che
Solimano aveva sentito il bisogno di giurare che mai avrebbe fatto uccidere
Ibrahim, e per ciò Ibrahim già sapeva, da sempre, che la cosa sarebbe avvenuta.
La leggenda dice che per sette sere, prima dell'assassinio, Solimano cenò con
Ibrahim come alla ricerca di una via d'uscita, e che Ibrahim non disse né ne fece
nulla, pur sapendo cosa si stava preparando, in una sorta di sfida espressa
attraverso l'obbedienza assoluta; la storia aggiunge che poi Solimano non fu
mai più lo stesso, e che si ammantò malinconicamente di nostalgia e forse di
colpa per l'amico perduto.
Oggi, visitando il palazzo, divenuto museo di arte islamica, se ne ammira la
grande, rigorosa ed elegante bellezza, che non si ritrova in nessuna delle
strutture del Topkapi; nella nostra rapida visita all'Istambul che annottava,
il palazzo offuscato dal buio come da una ventata di tristezza, incoronato da
un volo di uccelli, più che mai ricordava il lutto del bell'Ibrahim che parlava
molte lingue, del capace Visir che venne sospettato di essere troppo ambizioso.
mercoledì 6 gennaio 2010
Turchia. Istanbul. Il palazzo di Pargali Ibrahim Pasha
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3 commenti:
frammento denso e commovente. come arriva profonda l'intimità degli amici anche nella tragedia.
cara dolcesca, ho proprio sentito la presenza di Ibrahim in quella facciata oscurata e in quel volo di fruscianti uccelli.
L'atmosfera della foto va di pari passo con la storia che hai raccontato! :)
belle foto e bel resoconto! :)
un piacere leggerti!
ciao!
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