domenica 20 luglio 2008

LAZIO. VALLE DI COMINO. UN’OCCHIATA AI BAULI.


























Le scale ospitano bauli su tutti i pianerottoli. Più vecchi – quello con le iniziali è dell’inizio dell’ottocento, e perciò era finito in cantina da cui lo ripescò Artemisia per donarmene restauro – più nuovi. Il più nuovo di tutti è quello squadrato- inizio del novecento, credo – e per questo motivo c’è perfino qualcosa che si usa. La biancheria del mio letto, per dire. Altrimenti, come dovunque in questa casa ciò che è puro fantasma e ricordo e ciò che è ancora vivo e vegeto si mescolano senza che sia così facile distinguerne il confine.

Vi faccio vedere, ne apro uno di quelli arrotondati, gemelli. Intanto vi mostro come funziona un baule come questo. Per diminuirne l’abisso, una sorta di vassoio poggiato su dei fermi angolari se ne sta in cima. Qui si trovano dei primi oggetti cui si vuole accedere rapidamente.

In questo caso però, ciò che dicevo non si smentisce. Troviamo i frammenti di un abito da sposa di seta color crema del 1907; l’abito fu smembrato per una sposa anni settanta. La seta cadeva a pezzi, ma i merletti si recuperarono e se ne fece uno identico, che ora sta in un altro armadio. Per inciso. Qui gli armadi si sprecano, e non bastano mai, poiché se si conservano fantasmi, come qui si conservano, sappiate che non basta l’universo. Poi ci sono dei cuscini per sedie da giardino anni ’50. Un abito del 1940 di lino ricamato, che ho portato anch’io, come molti vestiti di mia madre. Un piccolo cuscino di raso con un ciuffo di fiori di lato che secondo me non può essere per bambino vivente. E di fatti, qui ci sono cose per i vivi e per i morti. In questa casa morì una bimba, più di cento anni fa. Dei porta tovaglioli ricamati con tutti punti che vi vengono in mente, o meglio quelli di moda ottanta anni fa; guardate, per esempio, il punto Assisi, quello “medioevale” con i ricami blu. Scommetto che mai furono usati, e furono trastullo di collegiale, purga di fanciulla. O forse, chissà, la fanciulla si divertì a vedere crescere le ciliegie rosa. Certo che tutte le fanciulle ricamavano, allora, mentre se ne stavano chiuse nelle loro stanze, nei collegi. Un grembiule per la cameriera, di quelli che si mettono sul camice nero; questo poi è del tutto incredibile. Quando mai ci furono qui cameriere di tale fatta? Un piumino di seta gialla. Una cuffietta piena di volant di tulle. Poche federe di lino che ancora sopravvivono alla strage che ne fece il loro intenso uso, quelle sì godute. Io sto guardando a vista la trama che si allenta qua e là di un magnifico lenzuolo di lino finissimo che proprio adesso sta sul mio letto. Innumerevoli sovraccoperte lavorate all’uncinetto, ma una anche con il più difficile filé: vedete quella di colore dorato? Ora a questo cumulo gli diamo giusto uno sguardo, lo scavo una prossima volta. Un’occhiata, insieme a quel ciuffo di frange lì in un angolo, che preannuncia mucchi di asciugamani di lino la cui preziosità consisteva nella lunghezza delle frange, che sfidano ogni lavandaia con il loro infernale attorcigliarsi. Ecco anche delle coperte che pesano come il marmo, con le greche, con le ciliegie… fredde e dure, ma chi le butta? Si conservano con l’antitarme locale, i rami di alloro. Sotto ancora, una trapunta pure pesante come una lapide, di seta senape e rosa, che tuttavia, come quelle ciliegie rosa e grigie ha un suo garbo che dispiace veder sciupare. Regaliamole la festa di una foto, quelle foto che Artemisia ha voluto fare.

Mentuccia Fibrena.

Nota di Artemisia. E' possibile fotografare questo angolo della casa solo in una certa ora del giorno e se c'è il sole: un'unica, alta finestra inaccessibile - quindi con vetri scuri di polvere - dona solo una luce riflessa dalla casa di fronte. Non parliamo di luce artificiale, sparagnina come sempre qui, e una volta tanto giustificata nella sua esiguità dalla grandezza del vano che dovrebbe illuminare. Neppure ho voluto portare gli oggetti fuori dal loro nido, quel che si vede si vede.

4 commenti:

a.o. ha detto...

Come sollecita la mente questo tuo raccontare di stoffe, di abiti, cuscini, frange.
Sollecita e sposa quell'avventuroso sentire legato al baule: il segreto? la scoperta? il tesoro?
Questo post lo leggo e lo rileggo, mentuccia, lo guardo e lo riguardo e i pensieri si trasformano, soffermandosi ora sulla traccia di seta senape e rosa ora sulla cuffietta di tulle ora sulla magia di indossare gli abiti del passato.
E mi da contentezza, e ringrazio.

p.s. artemisia quel che si vede, si vede... :D

artemisia comina ha detto...

aprire un baule, come aprire le pagine di un libro, le quinte di un teatro.

viene alla mente ciò che con questo baule avrebbe potuto fare il nonno della novella Il Soldatino di Stagno.

papavero di campo ha detto...

leggo l'esposizione di mentuccia, un memoriale sento, il rammentare i particolari in un clima di densa malinconia, e come sempre accade per le cose con cui ho feeling mi lascio andare a seguire umore, ad essere istintiva e con sincerità vi dico che il cuore si è sommerso di una penetrante malinconia, il fantasmatico prende e confonde, scardina ogni banalità a buon conforto e tocca una corda nel profondo e più d'una. Il Tempo che sovrasta e che ci guida. Tempo come nero bisso come coltre che ci ammanta come cappio che ci agguanta. I bauli come servitorelli di un Tempo fermo, custodi delle ombre, dei sorrisi e dei palpiti di bimbi che non ci sono più e di bimbi diventati grandi, che se audacemente aprono i bauli scontano la profanazione con un'angosciosa aura di turbamento e di mestizia. Ci vuole audacia sì e non sempre è possibile aprire un baule,occorre una forza e un intento raddoppiati nell'ardire.

mentuccia: la tua casa un forziere e tu una vestale

artemisia: tu come una Eumenide consenti l'alchimia, rendi possibile l'accesso a cose e sentimenti di sacralità investiti..

Anonimo ha detto...

... veramente suggestive, sia le immagini che le parole.

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