venerdì 25 gennaio 2008

INDIA. TAMIL NADU. MADURAI. IL TEMPIO DI MEENAKSHI. PIETRE.








Il grande tempio pullula di statue. I gopuram sono piramidi di dei, geni, eroi; all’interno le figure scolpite continuano a moltiplicarsi.

Alcune sono di evidente bellezza anche per chi non capisce un accidente. Quelle, per esempio, che saltano fuori dai pilastri con movimenti di danza, di guerra, d’amore, di musica. La necessità di esprimere movimento, potenzialità d’azione, rende naturale il moltiplicarsi delle braccia, ogni dio è una molla, una bomba, un armonico maremoto. La pietra è straordinariamente bella, setosa, vellutata, di un grigio insieme polveroso e luminoso. Ancora una volta ammiro i pilastri squadrati, gli angoli taglienti da tronco spaccato dall’accetta, la superficie scabra, rigata di fregi lievi che rendono rugosa la luce, e la levigatezza mobile e viva delle statue che ne emergono come un frutto dalla scorza.

Ammiro anche il rigoroso silenzio, la mutaggine ottusa, l’accurata esclusione di eccezioni con cui i nostri insegnanti ci hanno comunicato che il resto del mondo, dopo l’arte eccetera occidentali non esiste. E questo in contemporanea con tutti i casini che si erano prodotti e continuano a prodursi per via di questa silente discrezione, di questa coltivata cecità.

Eccoci qui, quindi, disarmati di ogni concetto o categoria a sbirciare nel buio, a intravedere grandi seni e dee prolifiche, moltiplicazioni di quella – la dea dagli occhi di pesce, Meenakshi – cui fondamentalmente è dedicato il tempio, anche se le fa compagnia una delle manifestazioni di Shiva, con cui ogni sera, tra cerimoniose processioni e musiche, si accoppia. Nel sud non stupisce la prevalenza di una dea, siamo in area dravidica, dove resiste alle intemperie ariane un’antica cultura religiosa della quale per altro partecipa anche l’esimio e allarmante Shiva.

Alcune statue sono continuamente smaneggiate, arrossate, imbiancate, unte, avviluppate di stoffe, adornate di gelsomini; altre se ne stanno in pietrosa pace santa. Tutte contribuiscono a rendere il tempio un corpo interamente animato, pieno di presenze attive.

Torno a incontrare lo yali, l’ircocervo locale formato, pare, di leone, coccodrillo, elefante, serpente… a volte si accoccola, altre si rizza sulle zampe; spesso, con gesto irresistibile, suona la sua stessa proboscide come un sassofono. Ovviamente proteggerà. Lo immagino pet di dei e dee.

In questo post ci sono foto sia di Artemisia che di Nunchesto.













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