giovedì 23 settembre 2010

TOSCANA. ARGENTARIO. DAI FRATI.










Arriviamo all'Argentario per un incontro tra accademici. Più si saliva il monte, e più ci si ficcava nella nube. Quando arriviamo dai frati ce l’abbiamo proprio in testa, fitta, oscura, soffice e silente. Sotto riluce argentea la laguna, dissolvendosi. Questo fluttuare nell’argenteo ci accompagnerà tutto il giorno, fin sulle sponde del mare che vedremo salire in bianche onde spumose che inzupperanno gli avventurosi tra noi; il giorno dopo, quello della partenza, riluce il dolce e chiaro sole settembrino, le guance dei cherubini del convento sembrano più che mai panini al latte, volano gazze e ghiandaie.

All’arrivo incontriamo un frate che esce dall’orto e se ne va dai cinghiali a portar loro una sacca di pane secco. Le stanze ai lati del lungo corridoio, grazie all’intercessione di Dolcesca loro vicina di casa, sono tutte nostre; ne scegliamo una che dà sul giardino e poi sul monte e sul mare, è spartana e linda con due piccoli letti affiancati, le lenzuola e gli asciugamani, prestito di Dolcesca, sono in un rotolo sotto il braccio.

Occhieggio verso la cucina e il refettorio. La tentazione di un’invasione è forte, immagino gialle polente fumanti rovesciate sui tavoli, il premere dell’inverno sui vetri, le brume gelide di febbraio salire dalla laguna, i ricci e le volpi nelle tane, gli accademici che brindano coniugando a gara rossi piemontesi e toscani.

2 commenti:

papavero di campo ha detto...

l'argenteo! all'argentario!
che culo!

(mica c'è a comando!)

artemisia comina ha detto...

culo argenteo ehm ehm
ma che ne dici del fatto che argentario pare derivi dal mestiere di prestasoldi degli enobarbi?

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