sabato 8 marzo 2008

VICEVERSA. CADMO E IL CERULEO SERPENTE IRTO DI SUPERBE CRESTE D’ORO.



Nella storia di Cadmo, uscita ancora una volta dall’inesauribile bisaccia delle Metamorfosi di Ovidio, per la prima volta da quando ne parliamo la bestia non solo riesce a mettere i denti sugli umani, ma non gli tocca di risputarli subito. Ne deriva un quadro orripilante, nel quale bestia e uomo sono congiunti in un bacio mortale, del quale propongo la versione incisa.

L'oracolo di Delfi aveva predetto all’eroe Cadmo che se avesse seguito una vacca, questa l'avrebbe portato nel luogo perfetto per costruire una città. Cadmo in un luogo apparentemente idillico trova la vacca mirabile e adatta ai suoi occhi, ma tra quei boschi fronzuti viveva anche un serpente ceruleo irto di superbe creste d’oro, immenso e feroce, che attacca e uccide tutti i compagni di Cadmo. Cadmo uccide la belva (nell'incisione, se sbirciate sul fondo, vedete rappresentato questo secondo tempo della storia: un microscopico Cadmo sta trafiggendo la bestia) ma si ritrova solo. Atena, che lo protegge, gli suggerisce di seminare i denti del drago. Dalla terra spunta una grande armata i cui uomini immediatamente iniziano ad uccidersi in una guerra fratricida. Ne sopravvivono solo cinque che saranno i compagni di Cadmo nella fondazione di Tebe.

“Lì vicino si ergeva una selva che nessuna scure aveva mai violato, in mezzo alla quale si trovava una grotta, mascherata da canne; con pietre tra loro connesse formava un arco basso ed era tutto uno zampillare d’acqua. In quell’antro stava nascosto un serpente, figlio di Marte, irto di superbe creste d’oro: gli occhi sprizzavano fuoco, il corpo era gonfio di veleno, tre lingue gli guizzavano fuor dalla bocca, ornata da una triplice corona di denti.
Quando malauguratamente la gente venuta da Tiro pose il piede in quel bosco e le urne immerse nell’acqua produssero un tonfo sordo, il ceruleo serpente levò il capo, snodandosi dal profondo della grotta e mandando sibili terrificanti. Le urne sfuggirono di mano agli uomini e il sangue abbandonò le loro membra percorse da improvvisi tremiti di terrore. Il rettile avanzava strisciando, attorcendosi in squamose spire; balzava incurvandosi in archi immensi, ed ergendo più di metà del suo corpo nell’aria sovrastava l’intero bosco. A considerarlo per intero era tanto grande quanto il serpente che separa le due Orse. In un balzo fu addosso ai Fenici, senza dar tempo a quelli che si apprestavano a difendersi o a fuggire di attuare il loro proposito, mentre altri, impietriti dal terrore, non tentavano nessuna delle due cose: tutti li uccise, parte coi morsi, parte soffocandoli nelle sue spire, parte avvelenandoli col fiato pestilenziale.”


Cornelis van Haarlem (1562 – 1638) nel 1588 dipinse il drago che divorava i compagni di Cadmo; nello stesso anno Hendrick Goltzius ne trasse un’incisione. Il dipinto è conservato nella National Gallery di Londra.

L’immagine viene da relewis.com

Ovidio, Le Metamorfosi, traduzione di Giovanna Faranda Villa, BUR, Milano 1999.

Su rete trovate le Metamorfosi in latino con un ricco corredo di immagini in latein-pagina.de.

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