sabato 10 novembre 2007

ROMA. L'ENNESIMA VOLTA RESUSCITATO PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI.





Riaprono il barcollante Palazzo delle Esposizioni di Roma; chissà per quanto tempo starà in piedi questa volta. Se tiene, non è niente male.

Cinque anni di restauro, 28 milioni di eruro, dodicimila metri quadri, impianto basilicale, colonne corinzie, tre mostre: Rotko (bella assai) Kubrick (molto interessante), Ceroli (bah).

Debbo ancora capire perché non è stato possibile fotografare il caffé. Bianco, bello, ospedaliero, brioche deprimenti opportunamente nascoste, e tanti bicchierini di plastica, quelli che stanno invadendo tutti i bar, con budini, bavaresi, yogurt. Prendo uno yogurt al caramello.

Fotografo il ristorante nella serra in cima al palazzo, inclusa nel progetto originario di Piacentini, disfatta negli anni trenta, ripristinata nell’attuale ristrutturazione. Avevamo una mezza idea di mangiare lì – tra parentesi, tutto quel luminoso vetro nella soleggiatissima Roma, mi pareva a stento sopportabile a novembre, figurati che succede a luglio - ma c’era, non ci posso ancora credere, un intenso, penetrante, invadente odore di mensa scolastica che aveva riempito ogni interstizio di tutto l’ampio spazio. Nello specifico, un insieme di buccia di arancia pestata che comincia ad avere sentore di freschin, e brodo di cavolo. Dietrofront, giù per le scale, fuori, liberi, in strada.

Freschin: termine veneto che indica quell'odore che il pesce o l'uovo lasciano nel piatto.

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