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All'ingresso della cella, sono appoggiati degli enormi pietroni lavorati, caduti chissà da dove; oltre a magnifici girali vegetali e il tipico segno ovato delle Isidi orientali, vedo dei rilievi non solo belli, ma assai singolari.
Tra gli altri, due gruppi di donne completamente velate, uno a destra e l'altro - il meno conservato - a sinistra di un'immensa lastra.
La prima considerazione è che si tratta di un'immagine bellissima, di un movimento che incanta.
Poi, facciamoci venire in mente l'epoca di questi rilievi. Siamo nel primo o nel secondo secolo dopo Cristo. Quanto appartiene, profondamente, nelle radici del tempo, il velo al medio oriente, alla cultura che poi abbiamo chiamato araba e mussulmana? E quale senso gli diamo oggi, tutto contingente, nell'ignoranza di queste radici, bellamente schiacciati dalla stupidità dei mass media e abituati all'assolutismo delle religioni monoteiste, che non tollerano la ricchezza della polisemia e amano tagliare radici?
E poi, che dire di quel cammello? Ricorda da vicino quello che portava alla Mecca il drappo che veniva donato - mi pare - dai governanti dell'Egitto, per coprire il sacro cubo, la Ka‘ba. E che c'è sotto quel baldacchino? Un betilo, ovvero un monolito sacro, una pietra sacra - guarda un po'. Il modo con cui si rappresentava la divinità nella cultura mesopotamica e siro-palestinese, torna nella Ka‘ba, il cubo che contiene la pietra.
Foto di Nunchesto e Artemisia.
2 commenti:
E' un piacere leggere i tuoi racconti di viaggio e archeologia di luoghi che vorrei visitare, forse visiterò...rammentandomi dei tuoi scritti
grazie, fiore.
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