mercoledì 6 gennaio 2010

Turchia. Istanbul. Il palazzo di Pargali Ibrahim Pasha

È l'unico palazzo di Istanbul che possa definirsi tale oltre a quelli del Topkapi, e forse vanno esclusi anche questi ultimi, più padiglioni che palazzi. Il suo committente, Pargali Ibrahim Pasha, non era turco, e si suppone fosse un greco; certamente aveva gusti "occidentali". Era un giannizzero - un ragazzo non mussulmano rapito in giovanissima età per essere convertito e addestrato al servizio del sultano - amico di Solimano il Magnifico fin da quando erano entrambi ragazzi; poi fu suo Gran Visir per tredici anni, finché il sultano non lo fece uccidere.

Questo omicidio veniva perpetrato in un'epoca e in una cultura che lo prevedeva come un destino ineludibile per ognuno che fosse entro la cerchia del Sultano minacciandone in qualsiasi modo l'egemonia assoluta; premonizione ne fu che Solimano aveva sentito il bisogno di giurare che mai avrebbe fatto uccidere Ibrahim, e per ciò Ibrahim già sapeva, da sempre, che la cosa sarebbe avvenuta.

La leggenda dice che per sette sere, prima dell'assassinio, Solimano cenò con Ibrahim come alla ricerca di una via d'uscita, e che Ibrahim non disse né ne fece nulla, pur sapendo cosa si stava preparando, in una sorta di sfida espressa attraverso l'obbedienza assoluta; la storia aggiunge che poi Solimano non fu mai più lo stesso, e che si ammantò malinconicamente di nostalgia e forse di colpa per l'amico perduto.

Oggi, visitando il palazzo, divenuto museo di arte islamica, se ne ammira la grande, rigorosa ed elegante bellezza, che non si ritrova in nessuna delle strutture del Topkapi; nella nostra rapida visita all'Istambul che annottava, il palazzo offuscato dal buio come da una ventata di tristezza, incoronato da un volo di uccelli, più che mai ricordava il lutto del bell'Ibrahim che parlava molte lingue, del capace Visir che venne sospettato di essere troppo ambizioso.


3 commenti:

dolcesca ha detto...

frammento denso e commovente. come arriva profonda l'intimità degli amici anche nella tragedia.

artemisia comina ha detto...

cara dolcesca, ho proprio sentito la presenza di Ibrahim in quella facciata oscurata e in quel volo di fruscianti uccelli.

terry ha detto...

L'atmosfera della foto va di pari passo con la storia che hai raccontato! :)
belle foto e bel resoconto! :)
un piacere leggerti!

ciao!

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