lunedì 30 novembre 2015

Bomba di nonna Bice, inizi Novecento.


Da Mentuccia

Nella casa di campagna, grande, specie se si considera riunita, come fu dopo la morte della zia Bianca che ne abitava metà, appunto nella parte di lei c'erano i salotti buoni, al secondo piano. Davano su un giardinetto interno con altissime palme che andavano anche oltre le loro portefinestre e uno dei due anche su un piccolo cortile interno, ombroso come un pozzo misericordioso in estate, pieno di nidi di rondine. C'erano, nei due salotti, molti obliati tesori; per dire: un alto portariviste pieno di riviste di moda anni Trenta, un grande pianoforte a coda di un prozio ottocentesco morto di colera in America Latina, un tappeto con un leone, un lampadario di bronzo e porcellana, a bracci, che i tedeschi che avevano sequestrato la casa durante l'ultima guerra per farne un ospedale non erano riusciti a satrappare dal soffitto. E una grande foto alla memoria del primo marito di Beatrice, la madre di mio padre Giovanni e di Bianca, Severino, morto giovane dell'allora letale polmonite. Beatrice si risposò con un da me amatissimo nuovo nonno con i baffi bianchi, Silvio, che le diede per me preziosi nuovi zii, la vivace Evelina e l'affascinante Osvaldo. Solo nei salotti le finestre si allungavano fino al pavimento, e sul giardino di palme c'era anche un balconcino sporgente, a elle, che io ho sempre visto come delizia inaccessibile, come se oramai dovesse al primo passo cadere di sotto.

Sospetto che questa vecchia ricetta sia inizi Novecento, dovrebbe essere di nonna Bice, la madre di mio padre Giovanni; la trascrizione letterale la vedete sotto.  La ricetta è trascritta su un ordinato quaderno dalla figlia Bianca, mia zia, con elegante calligrafia; certo Bianca non la fece mai, astenendosi da ogni frequentazione di cucina. Forse fu una rivalsa da zitella, ruolo che dovette sorbirsi in un'epoca in cui essere celibe era crudele fallimento; "Signorina!" puntualizzava aggressiva nel suo inossidabile formalismo quando la chiamavano signora; condizione che la cognata prolifica, mia madre, non le fece dimenticare. Trascrivo la ricetta con precisione epigrafica.

" dosi: un rosso d'uovo; 15 gr di zucchero; mezzo foglio di colla da pasticceria. Per 10 uova un bicchiere da vino di acqua. Prendere una casseruola di rame possibilmente di forma arrotondata e senza stagnare - mettetevi i tuorli d'uovo e lo zucchero - mischiateli e mettete il recipiente sul fuoco girando sempre finchè sia bene amalgamato,  aggiungete l'acqua e quando sarà cotta come una crema si tira indietro e si sbatte. Quando sarà ben montata si aggiunge la colla liquefatta in poca acqua. Aggiungere due bicchierini di rum.
Versare in uno stampo unto con poco olio e tenuto a scolare. Infine mettere in ghiaccio". Ricapitolando: 10 rossi d'uovo, 150 zucchero; 5 fogli di colla di pesce, due bicchierini di rum, un bicchiere da vino di acqua."

Bomba di nonna Bice, inizi Novecento

Prendere una casseruola di rame, possibilmente di forma arrotondata e senza stagnare - mettetevi 10 tuorli d'uovo e 150g di zucchero - mischiateli.

Mettete il recipiente sul fuoco, a bagno maria, girando sempre finchè non sia bene amalgamato,  e aggiungete un bicchiere da vino di acqua.

Quando sarà cotta come una crema, si tira indietro e si monta.

Quando sarà ben montata, si aggiungono filtrandoli 5 fogli di colla di pesce, prima bagnati in acqua fredda e strizzati e poi sciolti in poca acqua calda.

Aggiungere due bicchierini di rum.

Versare in uno stampo unto con poco olio d'oliva delicato (e che è stato poi tenuto a scolare).

Infine mettere in frigo per qualche ora.



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